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La necessaria simmetria tra istanza di mediazione e domanda giudiziale nei procedimenti di impugnazione di delibere assembleari | Nota Osservatorio
Valentina Maria Siclari
Tribunale di Roma, Giudice Estensore Dott.ssa Maria Grazia Berti - sentenza n. 20160 del 29.12.2021

Massima: È pacifico, dunque, che l'istanza di mediazione debba avere gli stessi elementi (parti, oggetto e ragioni), riproposti in sede processuale (personae, petitum e causa petendi dell'art. 125 c.p.c.).


Abstrasct:

È noto che l'istanza di mediazione deve possedere determinati requisiti ed, in particolar modo, quelli indicati dall' art. 4, comma 2 del d.lgs. 28/2010 a mente del quale "L'istanza deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa". La ratio di tale previsione è quella di ottenere, in caso di eventuale successivo giudizio, una simmetria tra la disposizione richiamata (ar.4 comma 2 d.lgs. 28/2010) e l'art. 125 c.p.c., circa il contenuto degli atti processuali, fatta la sola eccezione per gli "elementi di diritto" (cfr. Cass. n. 29333/2019).
È pacifico, dunque, che l'istanza di mediazione debba avere gli stessi elementi (parti, oggetto e ragioni), riproposti in sede processuale (personae, petitum e causa petendi dell'art. 125 c.p.c.). In particolare la "causa petendi " E le "ragioni della domanda", come indicato dalla norma appena richiamata, devono necessariamente coincidere poiché per rendere effettiva la mediazione la parte chiamata deve essere messa in condizione di conoscere (qualora la mediazione sia avviata precedentemente al giudizio) tutte le questioni costitutive della pretesa dell'altra parte. In sintesi, completezza, interezza, coerenza nell'istanza di mediazione rendono) possibile il raggiungimento di un accordo che ha lo scopo di risolvere la materia del contendere senza dover intraprendere un procedimento giudiziale.
 

 
La pronuncia in commento si innesta in un filone giurisprudenziale che, con riferimento alla materia condominiale ed alla specifica azione di impugnazione del deliberato annullabile, richiede un contenuto simmetrico tra l'istanza di mediazione e l' atto introduttivo del processo; di talchè essa deve riportare, anche in forma succinta, tutti gli elementi che qualificano la domanda giudiziale e che la rendono conoscibile nel merito al fine di consentire ai chiamati in mediazione un’adeguata difesa e valutazione sulla conciliabilità della lite.
La fattispecie esaminata dal Tribunale capitolino riguarda l’impugnazione di una delibera condominiale con la quale l'assemblea dei condomini ha approvato la proposta transattiva avanzata dal condominio in sede di mediazione per la rettifica delle tabelle millesimali approvate.
È noto che, in materia, l’istanza di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, per cui il condomino è tenuto a depositare l’istanza di mediazione entro trenta giorni dal dies a quo del termine di decadenza e, in caso di esito negativo del tentativo di composizione della lite, procedere con la domanda giudiziale. I riflessi processuali relativi al rigoroso rispetto del termine decadenziale trovano un primo conforto nell’articolo 8 del d.lgs. 28 del 2010 ove si precisa che: la domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurare la ricezione, anche a cura della parte istante.
Operativamente e letteralmente può ritenersi che la parte istante non possa ritenersi liberata dal proprio onere di tempestiva impugnazione con il semplice deposito entro il termine perentorio della domanda di mediazione presso l’Organismo, ma piuttosto sia onerata provvedere a comunicare all’altra l’istanza di mediazione in maniera contestuale e soddisfacente per rendere edotto il condominio dei motivi di doglianza.
Ben si può comprendere, dunque, la ratio che permea la sentenza in commento in quanto, in materia condominiale e, più in particolare, lo specifico procedimento di impugnazione delle delibere assembleari non può subire dilatazioni temporali e/o sostanziali tali da porre in uno stato di incertezza l’esecuzione della volontà assembleare.
Nella fattispecie parte attrice ha avviato il procedimento giudiziale lamentando molteplici vizi di annullabilità tra cui un difetto di quorum deliberativo che non era stato tempestivamente proposto nel termine decadenziale e non era stato dedotto in sede di mediazione e, a fronte dell’eccezione di inammissibilità proposta dalla parte convenuta, il Giudice capitolino ha affermato la necessaria simmetria tra mediazione e domanda giudiziale.
Il Tribunale avvia l’iter motivazionale con l’analisi dell’art. 5, 6 comma, del d.lgs. n. 28/2010, ove si afferma che: "Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all'articolo Il presso la segreteria dell'organismo".
Tale norma viene interpretata in combinato disposto con il successivo art. 4, comma 2 del d.lgs. 28/2010, secondo il quale "L'istanza deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa" per concludere che l'istanza di mediazione deve avere gli stessi elementi (parti, oggetto e ragioni) riproposti in sede processuale (persone, petitum e causa petendi dell'art. 125 c.p.c.).
L’analisi prettamente processuale si accompagna all’ulteriore analisi relativa alla ratio legis e rende logico-giuridica la motivazione assunta allorquando il Tribunale afferma che la mediazione avviata precedentemente al giudizio è effettiva allorquando la parte chiamata viene messa in condizione di conoscere tutte le questioni costitutive della pretesa dell'altra parte.
Conseguentemente, il Tribunale ha rilevato che nel caso in esame, parte attrice aveva implementato l’oggetto della controversia in sede giudiziale con un motivo nuovo e per fatti non dedotti e discussi in sede di mediazione.
L’orientamento in commento si innesta nel solco tracciato dalle sentenze gemelle adottate dal Tribunale di Foggia il 1° ottobre 2020 l’allegazione della domanda non può limitarsi all’indicazione della norma violata o del petitum richiesto ma, anzi, deve essere completa delle ragioni fondanti la domanda giudiziale così da rendere realmente edotta parte chiamata di quanto si sta contestando, quindi, le sentenze gemelle sottolineano l’importanza dell’istanza di mediazione nel suo contenuto e nella sua possibilità di essere azione risolutiva della controversia.
Devesi infine, evidenziare, che gli orientamenti segnalati trovano ampia conferma in materia condominiale per le peculiarità proprie del procedimento di impugnazione del deliberato assembleare mentre al di fuori di tale ambito la difformità tra oggetto e ragioni della istanza di mediazione e quelli del conseguente giudizio, che comporta il difetto della condizione di procedibilità, è rilevabile quando nel giudizio di merito la domanda non solo abbia un petitum più ampio, anche solo in punto di quantum, di quello della istanza di mediazione, ma quando si fondi anche su fatti costituitivi ulteriori rispetto a quelli dedotti nella fase stragiudiziale.
In tal senso, la giurisprudenza formatasi in materia di contratti bancari (Trib. Mantova 23.1.2019; Trib. Pordenone 18.02.2019; Cass. n. 29333 del 13.11.2019) interpreta la sopra menzionata normativa, ritenendo che l’obbligo di indicare l’oggetto e le ragioni della pretesa riguardi il nucleo più significativo o rilevante della controversia e non le domande accessorie.
     
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