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La sentenza n.97 del 18 aprile 2019 dichiara
la legittimità costituzionale del tentativo
obbligatorio di mediazione |
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SENTENZA N. 97 |
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ANNO 2019 |
REPUBBLICA ITALIANA |
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO |
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LA CORTE COSTITUZIONALE |
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composta dai signori: Presidente:
Giorgio LATTANZI; Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA,
Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,
Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco
MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Francesco VIGANÒ, Luca
ANTONINI, mediazione corte costituzionale |
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ha pronunciato la seguente
mediazione corte costituzionale |
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SENTENZA |
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nei giudizi di legittimità
costituzionale dell’art. 84, comma 1, lettera b), del
decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti
per il rilancio dell’economia), convertito, con
modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, che
inserisce il comma 1-bis all’art. 5 del decreto legislativo
4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione dell’articolo 60 della legge
18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata
alla conciliazione delle controversie civili e commerciali),
dell’art. 84, comma 1, lettera i), dello stesso d.l. n. 69
del 2013, nella parte in cui aggiunge il comma 4-bis,
secondo periodo, all’art. 8 del citato d.lgs. n. 28 del
2010, nonché del comma 2 del medesimo art. 84 e dell’art.
5, comma 4, lettera a), del citato d.lgs. n. 28 del 2010,
promossi dal Tribunale ordinario di Verona con ordinanze del
30 gennaio e del 23 febbraio 2018, iscritte,
rispettivamente, ai numeri 62 e 98 del registro ordinanze
2018 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
numeri 16 e 27, prima serie speciale, dell’anno 2018.
mediazione corte costituzionale
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio
dei ministri; mediazione corte costituzionale
udito nella camera di consiglio del 6 marzo 2019 il Giudice
relatore Luca Antonini.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza iscritta al n. 62 r.o. 2018, il Tribunale
ordinario di Verona ha sollevato – in riferimento agli art.
3 e 77, secondo comma, della Costituzione – questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 84, comma 1, lettera
i), del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni
urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con
modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, nella parte
in cui aggiunge il comma 4-bis, secondo periodo, all’art. 8
del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione
dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in
materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle
controversie civili e commerciali), nonché del comma 2 del
medesimo art. 84. mediazione corte costituzionale
2.– Il rimettente premette di essere chiamato a decidere la
controversia instaurata da una società a responsabilità
limitata nei confronti di una banca per ottenere
l’accertamento della nullità, per difetto della forma
scritta, di un contratto di conto corrente e di «due
contratti di apertura di conto corrente», nonché la
condanna della convenuta alla restituzione delle somme
indebitamente percepite, nel corso dei rapporti originati da
tali contratti, a titolo di interessi usurari e di
commissione di massimo scoperto.
Quindi, il giudice a quo riferisce che la parte attrice ha
attivato vanamente, prima della instaurazione della
controversia, il procedimento di mediazione previsto quale
condizione di procedibilità della domanda dall’art. 5,
comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, non avendovi la
convenuta partecipato. mediazione corte costituzionale
Dopo avere precisato che la causa oggetto del processo
principale è «giunta a decisione», il Tribunale ordinario
di Verona osserva che la mancata partecipazione al
procedimento di mediazione non sarebbe sorretta da
giustificato motivo, non essendo questo ravvisabile nelle
ragioni, specificamente indicate nell’ordinanza di
rimessione, addotte dalla società convenuta al fine di
legittimare il proprio comportamento omissivo: essa,
pertanto, ai sensi dell’art. 8, comma 4-bis, secondo
periodo, del d.lgs. n. 28 del 2010, dovrebbe essere
condannata, anche d’ufficio e a prescindere dalla sua
eventuale soccombenza, al versamento, in favore dello Stato,
di un importo corrispondente a quello del contributo
unificato dovuto per il giudizio. mediazione corte
costituzionale
2.1.– In ordine alla non manifesta infondatezza delle
questioni sollevate, il giudice rimettente ricorda,
anzitutto, che il comma 4-bis è stato aggiunto all’art. 8
del d.lgs. n. 28 del 2010 dall’art. 84, comma 1, lettera i),
del d.l. n. 69 del 2013. mediazione corte costituzionale
Quindi, sostiene che il secondo periodo del citato comma
4-bis – a mente del quale «[i]l giudice condanna la parte
costituita che […] non ha partecipato al procedimento
[preliminare di mediazione] senza giustificato motivo, al
versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma
di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per
il giudizio» – violerebbe l’art. 77, secondo comma, Cost.
per difetto dei requisiti di necessità e d’urgenza.
mediazione corte costituzionale
Al riguardo, il rimettente – richiamato l’orientamento della
giurisprudenza costituzionale sui presupposti della
decretazione d’urgenza – premette che questa Corte avrebbe
anche precisato che l’urgente necessità di provvedere in
via legislativa presupporrebbe la «intrinseca coerenza delle
norme contenute in un decreto-legge, o dal punto di vista
oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e
finalistico»: i requisiti cui è subordinata la legittimità
dell’adozione del decreto-legge potrebbero, pertanto, anche
riguardare una pluralità di norme, purché queste siano,
tuttavia, accomunate, sul piano obiettivo, «dalla natura
unitaria delle fattispecie disciplinate», ovvero, sul piano
teleologico, in caso di interventi eterogenei afferenti a
materie diverse, «dall’unico scopo di approntare rimedi
urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare»
(viene richiamata la sentenza n. 22 del 2012). mediazione
corte costituzionale
Ad avviso del giudice a quo, peraltro, la «uniformità
teleologica» che deve accomunare le norme contenute in un
decreto-legge sarebbe vanificata ove, come nel caso in
esame, esse non abbiano «il medesimo termine di efficacia».
mediazione corte costituzionale
Fatte tali premesse, il Tribunale di Verona evidenzia come
l’entrata in vigore delle disposizioni dettate dall’art. 84,
comma 1, del d.l. n. 69 del 2013 sia stata differita, dal
successivo comma 2, al decorso «di trenta giorni rispetto al
momento della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale»
(recte: rispetto al momento della entrata in vigore della
legge di conversione del d.l.): questo differimento
rappresenterebbe un elemento sintomatico della «manifesta
insussistenza», nel caso di specie, dei requisiti di
necessità e d’urgenza, tanto più in considerazione della
distonia con la diversa scelta di attribuire, invece,
efficacia immediata alle altre norme contenute nel medesimo
decreto-legge.
Del resto, prosegue il giudice rimettente, la posticipazione
in parola contrasterebbe anche con l’art. 15, comma 3, della
legge 22 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di
Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei
Ministri), che, nella parte in cui stabilisce che i
decreti-legge devono contenere misure di immediata
applicazione, espliciterebbe «ciò che deve ritenersi
intrinseco alla natura stessa» di tali provvedimenti
normativi.
2.1.1.– Il giudice a quo ritiene, inoltre, che l’art. 84,
comma 2, del d.l. n. 69 del 2013 – che, come detto, ha
procrastinato l’applicabilità delle disposizioni di cui al
precedente comma 1 al decorso di trenta giorni «[…]
dall’entrata in vigore della legge di conversione[…]» –
recherebbe un vulnus all’art. 3 Cost., in relazione al
principio di ragionevolezza.
A suo parere, la scelta, operata con la norma censurata, di
differire l’efficacia delle disposizioni dettate dal
precedente comma 1, peraltro difforme da quella adottata per
le altre norme del medesimo d.l. aventi «la stessa finalità
di contribuire a rendere maggiormente efficiente il sistema
giudiziario», sarebbe, difatti, «immotivata e priva di una
ragione logica». mediazione corte costituzionale
3.– È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo che le questioni siano dichiarate manifestamente
inammissibili e, comunque, infondate.
3.1.– L’eccezione preliminare d’inammissibilità è basata,
innanzitutto, sulla asserita erroneità di una delle
argomentazioni addotte dal Tribunale rimettente.
Contrariamente a quanto da esso sostenuto, infatti, a mente
dell’art. 86 del d.l. n. 69 del 2013, le disposizioni poste
dall’art. 84, comma 1, sarebbero entrate in vigore, come del
resto tutte le altre norme contenute nel medesimo
decreto-legge, il giorno successivo a quello della
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana, mentre ne sarebbe stata posticipata soltanto
l’efficacia: il legislatore avrebbe, pertanto, disposto
«semplicemente […] un differimento nella efficacia di talune
disposizioni […]» contenute nel d.l.
3.1.1.– Sotto altro profilo, la difesa statale ritiene che
sia inammissibile la questione, avente ad oggetto l’art. 84,
comma 2, del d.l. n. 69 del 2013, sollevata in riferimento
all’art. 3 Cost.
L’irragionevolezza della norma censurata sarebbe stata,
infatti, dedotta in maniera apodittica, essendosi il giudice
a quo in sostanza limitato a sostenere che, in sede di
decretazione d’urgenza, non possa essere procrastinata
l’applicabilità di alcune disposizioni, senza illustrare i
motivi per cui siffatta scelta sarebbe illogica.
In proposito, l’Avvocatura generale osserva altresì che le
ragioni dell’evidenziato differimento, la cui valutazione è
d’altro canto rimessa al discrezionale apprezzamento del
legislatore, sarebbero ravvisabili, per un verso, in
«comprensibili problemi organizzativi»; per altro verso,
nella necessità, correlata alla natura sanzionatoria della
condanna conseguente alla mancata partecipazione al
procedimento di mediazione, che le parti siano
tempestivamente rese edotte degli obblighi su di esse
incombenti. mediazione corte costituzionale
Del resto, prosegue la difesa statale, il Tribunale
rimettente avrebbe trascurato di rilevare che il legislatore
non avrebbe posticipato l’efficacia soltanto dell’art. 84,
comma 1, del d.l. n. 69 del 2013, ma anche di altre norme
contenute nel medesimo decreto-legge.
3.2.– Ad avviso dell’interveniente, le questioni di
legittimità costituzionale sarebbero, in ogni caso, prive
di fondamento. mediazione corte costituzionale
La non immediata applicabilità delle disposizioni recate
dal comma 1 dell’art. 84 del d.l. n. 69 del 2013 non
sarebbe, infatti, sufficiente, da sola, a rendere
evidentemente insussistenti i presupposti, richiesti
dall’art. 77, secondo comma, Cost., della straordinaria
necessità e urgenza, tanto più in considerazione della
breve durata di tale dilazione e della sua riconducibilità
a ragionevoli motivi.
3.2.1.– Quanto, invece, al vulnus asseritamente arrecato
all’art. 3 Cost. dall’art. 84, comma 2, del d.l. n. 69 del
2013, la difesa statale richiama le considerazioni, dianzi
illustrate, svolte in punto di ammissibilità con riguardo a
tale parametro, le quali sarebbero idonee a disvelare anche
l’insussistenza della denunciata irragionevolezza.
In proposito, essa evidenzia, inoltre, come la
particolarità dei precetti normativi contenuti del
decreto-legge in parola e le esigenze a essi sottese
giustifichino e rendano razionale la scelta di prevedere
differenti termini di applicabilità. mediazione corte
costituzionale
4.– Con successiva ordinanza n. 98 del 23 febbraio 2018, il
Tribunale di Verona ha sollevato – in riferimento agli art.
3 e 77, secondo comma, Cost. – questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 84, comma 1, lettera b), del d.l.
n. 69 del 2013, che ha inserito il comma 1-bis all’art. 5
del d.lgs. n. 28 del 2010, nonché dell’art. 84, comma 2,
del medesimo decreto-legge.
In via subordinata, ha, inoltre, censurato – in riferimento
all’art. 3 Cost. – anche l’art. 5, comma 4, lettera a), del
d.lgs. n. 28 del 2010.
4.1.– In punto di rilevanza, il giudice a quo premette di
essere chiamato a decidere, in sede di opposizione a decreto
ingiuntivo, sulla istanza di concessione della esecuzione
provvisoria del decreto stesso, avente ad oggetto un credito
derivante da un contratto di anticipazione bancaria e
ottenuto da una banca nei confronti di una società a
responsabilità limitata e della sua garante.
Il rimettente precisa, inoltre, che, una volta assunta la
decisione in merito alla suddetta richiesta, egli dovrebbe
assegnare alle parti un termine di quindici giorni per
intraprendere il procedimento di mediazione. Secondo quanto
previsto dall’art. 5, comma 4, lettera a), del d.lgs. n. 28
del 2010, infatti, la mediazione – cui la controversia
sarebbe assoggettata, ratione materiae, ai sensi del
precedente art. 5, comma 1-bis –, benché non obbligatoria
nella fase monitoria, tornerebbe ad essere tale
nell’eventuale giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo,
dopo la pronuncia del giudice sulle istanze di concessione o
di sospensione della sua provvisoria esecuzione. mediazione
corte costituzionale
4.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il Tribunale
rimettente – dopo aver rilevato che l’art. 84, comma 1,
lettera b), del d.l. n. 69 del 2013 ha inserito il comma
1-bis all’art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010 – sostiene che
tale norma recherebbe un vulnus all’art. 77, secondo comma,
Cost. per carenza dei requisiti di necessità e d’urgenza.
Ciò sulla scorta di argomentazioni pressoché identiche a
quelle, dianzi descritte, addotte a sostegno della questione
di legittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 84,
comma 1, lettera i), del d.l. n. 69 del 2013. mediazione
corte costituzionale
4.2.1.– Ad avviso del giudice a quo, inoltre, l’art. 84,
comma 2, del d.l. n. 69 del 2013 contrasterebbe l’art. 3
Cost., sotto il profilo della ragionevolezza.
Anche in relazione a tale censura, vengono spesi argomenti
sostanzialmente coincidenti con quelli illustrati in
precedenza. mediazione corte costituzionale
4.2.2.– In via subordinata, il Tribunale ordinario di Verona
dubita, infine, della legittimità costituzionale dell’art.
5, comma 4, lettera a), del d.lgs. n. 28 del 2010, in
riferimento all’art. 3 Cost., in relazione al principio di
uguaglianza. mediazione corte costituzionale
La compromissione di tale principio emergerebbe dal
raffronto con la disciplina legislativa della procedura di
negoziazione assistita da uno o più avvocati, introdotta
dall’art. 2 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132
(Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri
interventi per la definizione dell’arretrato in materia di
processo civile), convertito, con modificazioni, nella legge
10 novembre 2014, n. 162.
Anche tale istituto – applicabile alle controversie in
materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli
e natanti nonché, fuori da questa ipotesi e da quelle di
cui all’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, alle
domande aventi ad oggetto il pagamento, a qualsiasi titolo,
di somme non eccedenti cinquantamila euro e in seguito
esteso alle controversie «in materia di contratto di
trasporto o di sub-trasporto» dall’art. 1, comma 249, della
legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge di stabilità 2015)» – costituirebbe, infatti, come
la mediazione civile, una condizione di procedibilità.
Tuttavia, ai sensi dell’art. 3, comma 3, lettera a), «della
legge n. 162/2014» (recte: del d.l. n. 132 del 2014,
convertito nella legge n. 162 del 2014), nei procedimenti
per ingiunzione la negoziazione assistita non sarebbe
obbligatoria né nella fase monitoria né nel successivo,
eventuale giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo.
mediazione corte costituzionale
Al contrario, in virtù della disposizione censurata, il
procedimento preliminare di mediazione, benché non
applicabile alle domande proposte in via monitoria, dovrebbe
essere intrapreso nel giudizio di opposizione al decreto
ingiuntivo, sia pure dopo la pronuncia del giudice, ai sensi
degli artt. 648 e 649 del codice di procedura civile, sulle
istanze di concessione e di sospensione della provvisoria
esecuzione del decreto stesso.
Tenuto conto dell’analoga funzione svolta sia dalla
mediazione che dalla negoziazione assistita, la diversa
disciplina appena descritta sarebbe, ad avviso del giudice a
quo, del tutto ingiustificata e, conseguentemente,
manifestamente irragionevole.
5.– Anche in questo giudizio è intervenuto il Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le
questioni siano dichiarate inammissibili e, comunque,
manifestamente infondate.
5.1.– Quanto alle censure aventi ad oggetto l’art. 84, commi
1, lettera b), e 2, del d.l. n. 69 del 2013, la difesa dello
Stato è basata su argomentazioni sostanzialmente
sovrapponibili a quelle sostenute con riguardo alle medesime
questioni, prima considerate, oggetto del giudizio
incidentale iscritto al n. 62 del registro ordinanze 2018.
mediazione corte costituzionale
5.2.– In relazione, invece, alla questione di legittimità
costituzionale che investe l’art. 5, comma 4, lettera a),
del d.lgs. n. 28 del 2010, l’Avvocatura generale anzitutto
ne eccepisce l’inammissibilità per difetto di rilevanza o,
comunque, per difetto di motivazione su di essa: il
rimettente non avrebbe, infatti, indicato il valore della
causa sottoposta alla sua cognizione, sicché non sarebbe
dato comprendere se nella fattispecie concreta possa, o
meno, trovare applicazione la norma, evocata quale tertium
comparationis, che disciplina la negoziazione assistita.
5.2.1.– Nel merito, la difesa statale ritiene insussistente
l’asserito vulnus all’art. 3 Cost., dal momento che il
procedimento di negoziazione assistita sarebbe basato su
presupposti diversi da quelli della mediazione e sorretto da
una differente ratio.
Né sarebbe stato, d’altro canto, superato il limite di
quella manifesta irragionevolezza che, secondo il
consolidato orientamento di questa Corte, il legislatore
incontra nel disciplinare gli istituti processuali.
mediazione corte costituzionale
Considerato in diritto
1.– Il Tribunale ordinario di Verona, con due distinte
ordinanze di cui si è detto in narrativa, solleva – in
riferimento agli artt. 3 e 77, secondo comma, della
Costituzione – sostanzialmente identiche questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 84, comma 1, lettera
b), del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni
urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con
modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, che
inserisce il comma 1-bis all’art. 5 del decreto legislativo
4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione dell’articolo 60 della legge
18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata
alla conciliazione delle controversie civili e commerciali),
dell’art. 84, comma 1, lettera i), dello stesso d.l. n. 69
del 2013, nella parte in cui aggiunge il comma 4-bis,
secondo periodo, all’art. 8 del citato d.lgs. n. 28 del
2010, nonché del comma 2 del medesimo art. 84.
Nella sola ordinanza iscritta al n. 98 r.o. 2018,
subordinatamente alla questione avente ad oggetto l’art. 84,
comma 1, lettera b), del d.l. n. 69 del 2013, il Tribunale
rimettente dubita, inoltre, della legittimità
costituzionale dell’art. 5, comma 4, lettera a), del d.lgs.
n. 28 del 2010, in riferimento all’art. 3 Cost. mediazione
corte costituzionale
2.– In considerazione della parziale identità delle norme
denunciate e delle censure formulate, i giudizi devono
essere riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia.
3.– Con la disposizione di cui all’art. 84, comma 1, lettera
b), del d.l. n. 69 del 2013, il legislatore – mosso dalla
necessità, cui fa riferimento il preambolo del
decreto-legge stesso, di adottare «misure per l’efficienza
del sistema giudiziario e la definizione del contenzioso
civile» finalizzate, unitamente alle altre contestualmente
previste, a «dare impulso al sistema produttivo del Paese
attraverso il sostegno alle imprese, il rilancio delle
infrastrutture, operando anche una riduzione degli oneri
amministrativi per i cittadini e le imprese» – ha inserito
il comma 1-bis all’art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010.
È stata così reintrodotta nell’ordinamento – dopo la
declaratoria d’illegittimità costituzionale dell’art. 5,
comma 1, del citato del d.lgs. n. 28 del 2010 pronunciata da
questa Corte, per eccesso di delega, con la sentenza n. 272
del 2012 – la mediazione civile quale condizione di
procedibilità delle domande giudiziali relative a talune
materie, tra le quali quella dei contratti bancari oggetto
dei giudizi a quibus, specificamente individuate dalla
norma. mediazione corte costituzionale
La parte che intende esercitare in giudizio una delle azioni
indicate dall’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010
è, dunque, tenuta preliminarmente a tentare la composizione
stragiudiziale della controversia mediante l’esperimento del
procedimento disciplinato dal d.lgs. medesimo, il cui
svolgimento è affidato ad appositi organismi di mediazione
e, al loro interno, ai mediatori. È, infatti, presso
l’organismo territorialmente competente che devono essere
depositate le istanze di mediazione, ricevute le quali il
responsabile designa un mediatore e fissa il primo incontro
tra le parti, che si deve tenere, nella sede dell’organismo
stesso (o nel luogo indicato nel regolamento da esso
adottato), entro trenta giorni (artt. 4 e 8 del d.lgs. n. 28
del 2010). mediazione corte costituzionale
L’art. 84, comma 1, lettera i), del d.l. n. 69 del 2013,
nella parte in cui aggiunge il comma 4-bis, secondo periodo,
all’art. 8 del d.lgs. n. 28 del 2010, riproduce, invece, la
norma – in precedenza espressa dal comma 5 dello stesso art.
8, parimenti dichiarato incostituzionale, in via
consequenziale, con la citata sentenza n. 272 del 2012 – che
prevede che il giudice «condanna la parte costituita che,
nei casi previsti dall’articolo 5 [del d.lgs. n. 28 del
2010], non ha partecipato al procedimento senza giustificato
motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato
di una somma di importo corrispondente al contributo
unificato dovuto per il giudizio».
3.1.– Tanto la lettera b) dell’art. 84, comma 1, del d.l. n.
69 del 2013, quanto il secondo periodo del comma 4-bis
aggiunto all’art. 8 del d.lgs. n. 28 del 2010 dalla lettera
i) dello stesso art. 84, comma 1, difetterebbero, ad avviso
del giudice a quo, «dei requisiti di necessità ed urgenza
legittimanti la [loro] adozione con decreto legge», così
ledendo l’art. 77, secondo comma, Cost., segnatamente in
quanto il successivo comma 2, peraltro anch’esso
autonomamente censurato, avrebbe posticipato la loro entrata
in vigore di trenta giorni rispetto alla data di entrata in
vigore del decreto-legge stesso (recte: rispetto alla data
della entrata in vigore della legge di conversione del
d.l.).
Il denunciato vulnus si apprezzerebbe, nella prospettiva del
rimettente, sotto un duplice profilo.
Il suddetto differimento, infatti, per un verso, sarebbe
incompatibile con l’urgenza del provvedere, che
presupporrebbe, al contrario, l’immediata applicabilità
delle norme dettate dal decreto-legge, anche alla luce di
quanto disposto dall’art. 15, comma 3, della legge 23 agosto
1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e
ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri).
Sotto altro aspetto, determinerebbe la carenza della
omogeneità finalistica tra le norme censurate e le altre
introdotte dal d.l. n. 69 del 2013, la cui efficacia non
sarebbe stata procrastinata.
3.2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha in limine
sollevato, in entrambi i giudizi, eccezione di
inammissibilità delle questioni, in quanto basate su un
argomento fallace.
Contrariamente a quanto sostenuto dal giudice a quo,
infatti, le disposizioni di cui all’art. 84, comma 1, del
d.l. n. 69 del 2013 sarebbero entrate in vigore, ai sensi
del successivo art. 86, come tutte le altre norme contenute
nel medesimo decreto-legge, il giorno successivo a quello
della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana: il legislatore, con il comma 2
dell’art. 84, avrebbe, pertanto, disposto «semplicemente […]
un differimento nella efficacia di talune disposizioni […]».
3.2.1.– Le eccezioni non sono pertinenti e non possono
essere accolte, dal momento che l’argomentazione su cui
riposano non incide sul nucleo fondante la censura
formulata, ravvisabile piuttosto nell’asserita necessità
che tutte le norme contenute nel decreto-legge abbiano la
stessa, immediata efficacia.
3.3.– Nel merito, le questioni non sono fondate.
3.3.1.– Esse devono essere scrutinate alla stregua del
consolidato orientamento di questa Corte secondo cui «[…] il
sindacato sulla legittimità dell’adozione, da parte del
Governo, di un decreto-legge va limitato ai casi di evidente
mancanza dei presupposti di straordinaria necessità e
urgenza richiesti dall’art. 77, secondo comma, Cost., o di
manifesta irragionevolezza o arbitrarietà della loro
valutazione» (sentenza n. 99 del 2018).
3.3.2.– Tanto premesso in linea generale, va rilevato che
non può condividersi, quanto al primo profilo in cui è
articolata la censura, la tesi del rimettente secondo cui
l’insussistenza della straordinaria necessità e urgenza
sarebbe desumibile dal mero differimento dell’efficacia
delle disposizioni censurate.
Al contrario, questa Corte – anche laddove ha ricordato che
l’art. 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, nel
prescrivere, tra l’altro, che i decreti devono contenere
misure di immediata applicazione, costituisce esplicitazione
della ratio implicita nel secondo comma dell’art. 77 Cost. –
ha tuttavia precisato che la necessità di provvedere con
urgenza «non postula inderogabilmente un’immediata
applicazione delle disposizioni normative contenute nel
decreto-legge» (sentenza n. 170 del 2017; nello stesso senso
sentenze n. 5 del 2018, n. 236 e n. 16 del 2017).
Mette conto, d’altra parte, osservare che, nel caso di
specie, la norma che ha reintrodotto l’obbligatorietà della
mediazione avrebbe evidentemente comportato un significativo
incremento delle istanze di accesso al relativo
procedimento: la decisione di procrastinarne, peraltro per
un periodo contenuto, l’applicabilità è, pertanto,
ragionevolmente giustificata dall’impatto che essa avrebbe
avuto sul funzionamento degli organismi deputati alla
gestione della mediazione stessa.
Del resto, una volta posticipata l’efficacia della
mediazione obbligatoria, diviene con riguardo a essa
coerente il differimento anche della connessa disciplina,
posta dal secondo periodo del comma 4-bis dell’art. 8 del
d.lgs. n. 28 del 2010, come introdotto dall’art. 84, comma
1, lettera i), del d.l. n. 69 del 2013, delle conseguenze
della mancata partecipazione, senza giustificato motivo, al
relativo procedimento.
3.3.3. – Nemmeno condivisibile è l’assunto, su cui è
basato il secondo profilo in cui è articolata la censura in
esame, in forza del quale le disposizioni sottoposte
all’odierno scrutinio difetterebbero di coerenza funzionale
rispetto alle altre norme contenute nel d.l. n. 69 del 2013
in quanto il legislatore avrebbe differito l’applicabilità
solo delle prime.
Dalla «uniformità teleologica» che deve accomunare le norme
contenute in un decreto-legge (sentenza n. 22 del 2012) non
si può inferire, contrariamente a quanto sostenuto dal
rimettente, un generale corollario per cui queste dovrebbero
tutte necessariamente sottostare al medesimo termine
iniziale di efficacia. La omogeneità finalistica che deve
connotare le norme introdotte con la decretazione d’urgenza
non presuppone, infatti, indefettibilmente l’uniformità di
tale termine, ben potendo alcune di esse risultare comunque
funzionali all’unico scopo di approntare rimedi urgenti
anche là dove ne sia stata procrastinata l’applicabilità.
Il disposto differimento delle norme qui censurate trova del
resto fondamento, come poc’anzi osservato, nell’esigenza di
assicurare il corretto funzionamento degli organismi di
mediazione: dunque, non solo non è sintomatico dell’assenza
di coerenza finalistica, ma, al contrario, concorre a
garantirla.
Deve quindi ritenersi che esso non abbia compromesso la
matrice funzionale unitaria delle disposizioni denunciate,
anch’esse finalizzate, unitamente alle altre adottate in
materia di giustizia, alla realizzazione dei comuni e
urgenti obiettivi – a loro volta preordinati al rilancio
dell’economia – del miglioramento dell’efficienza del
sistema giudiziario e dell’accelerazione dei tempi di
definizione del contenzioso civile.
Le norme oggetto dell’odierno incidente di costituzionalità
si collocano, pertanto, coerentemente all’interno di tale
cornice finalistica, risultante dal preambolo e dal Titolo
III (Misure per l’efficienza del sistema giudiziario e la
definizione del contenzioso civile) del decreto-legge in cui
sono contenute.
D’altro canto, proprio la considerazione delle peculiari
conseguenze – differenti rispetto a quelle prodotte dalle
altre misure adottate – derivanti dalle disposizioni in
parola e prima ricordate concorre a rendere ragionevole la
scelta di differirne l’applicabilità.
3.3.4.– Alla luce dei rilievi che precedono, deve escludersi
sia l’evidente difetto dei presupposti di straordinaria
necessità e urgenza richiesti dall’art. 77, secondo comma,
Cost., sia l’esistenza di una disomogeneità finalistica
delle norme censurate rispetto alle altre contenute nel
decreto-legge.
4.– Entrambe le ordinanze di rimessione del Tribunale di
Verona reputano, altresì, «immotivata e priva di una
ragione logica» la previsione dell’art. 84, comma 2, del
d.l. n. 69 del 2013, che posticipa, come si è visto, di
trenta giorni rispetto all’entrata in vigore della legge di
conversione l’applicabilità delle disposizioni di cui al
precedente comma 1: e la censurano perciò per contrasto con
l’art. 3 Cost.
4.1.– In entrambi i giudizi l’Avvocatura generale ha
eccepito l’inammissibilità delle questioni per difetto di
motivazione sulla non manifesta infondatezza, giacché il
Tribunale rimettente si sarebbe in sostanza limitato a
sostenere che, in sede di decretazione d’urgenza, non possa
essere procrastinata l’applicabilità di alcune
disposizioni, senza tuttavia adeguatamente illustrare i
motivi per cui siffatta scelta sarebbe illogica.
4.1.1.– Le eccezioni vanno disattese.
Malgrado la obiettiva sinteticità che connota la censura in
esame, formulata in maniera pressoché identica in entrambe
le ordinanze di rimessione, da una lettura complessiva di
queste ultime si evince, infatti, che il giudice a quo,
sulla base di un argomento sostanzialmente sovrapponibile a
quello sviluppato in merito all’asserita violazione
dell’art. 77, secondo comma, Cost., reputa illogica, e
perciò in contrasto con l’art. 3 Cost., la decisione di
differire l’applicabilità di una norma adottata in sede di
decretazione d’urgenza, evidenziando, quale indice
sintomatico di tale irragionevolezza, la diversa soluzione
prescelta dal legislatore con riguardo ad altre norme
contenute nel medesimo testo normativo.
Sulla scorta della considerazione che precede, deve
ritenersi assolto l’onere di motivazione che grava sul
giudice rimettente.
4.2.– Le questioni, tuttavia, sono inammissibili per altre e
diverse ragioni.
Va al riguardo rilevato che il rimettente non motiva in
alcun modo sull’applicabilità, nei giudizi pendenti dinanzi
a sé, della norma censurata.
Né d’altra parte ciò sarebbe stato possibile: dalle
ordinanze di rimessione emerge, infatti, come i processi a
quibus siano stati rispettivamente iscritti al ruolo
generale degli anni 2014 e 2017; emerge quindi per tabulas
che questi sono stati instaurati successivamente al periodo
in cui ha prodotto effetti il differimento (trenta giorni
dall’entrata in vigore, avvenuta il 21 agosto 2013, della
legge di conversione) disposto dalla norma censurata.
Tale disposizione, pertanto, aveva ormai esaurito i propri
effetti e di essa il giudice a quo non deve,
conseguentemente, fare applicazione, sicché le questioni
che la investono sono prive di rilevanza. mediazione corte
costituzionale
5.– In via subordinata, con l’ordinanza di rimessione
iscritta al n. 98 r.o. 2018, il Tribunale rimettente dubita,
in riferimento all’art. 3 Cost., in relazione al principio
di uguaglianza, della legittimità costituzionale dell’art.
5, comma 4, lettera a), del d.lgs. n. 28 del 2010, che
esclude l’obbligatorietà della mediazione, limitatamente
alla fase monitoria, nei procedimenti per ingiunzione.
5.1.– Benché tale disposizione non sia indicata nel
dispositivo dell’ordinanza di rimessione, dalla lettura
della sua motivazione si desume con chiarezza come le
censure formulate investano anche questa, specificamente
nella parte in cui prevede l’obbligatorietà della
mediazione nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo.
Deve conseguentemente ritenersi che il presente scrutinio di
costituzionalità investa anche l’art. 5, comma 4, lettera
a), del d.lgs. n. 28 del 2010, segnatamente laddove prevede
l’obbligatorietà della mediazione nei giudizi di
opposizione a decreto ingiuntivo. Infatti, per un verso, il
«thema decidendum, con riguardo alle norme censurate, va
identificato tenendo conto della motivazione delle
ordinanze» (sentenza n. 238 del 2014; nello stesso senso, ex
plurimis, sentenza n. 203 del 2016; ordinanze n. 169 del
2016 e n. 162 del 2011); per altro verso, sulla base di tale
motivazione è «ben possibile circoscrivere l’oggetto del
giudizio di legittimità costituzionale ad una parte della
disposizione censurata» (ex plurimis, sentenza n. 35 del
2017).
5.2.– Secondo il giudice rimettente, la compromissione del
principio di uguaglianza emergerebbe dal raffronto con la
disciplina legislativa della negoziazione assistita da uno o
più avvocati, applicabile, ai sensi dell’art. 2 del
decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132 (Misure urgenti di
degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la
definizione dell’arretrato in materia di processo civile),
convertito, con modificazioni, nella legge 10 novembre 2014,
n. 162, alle controversie in materia di risarcimento del
danno da circolazione di veicoli e natanti, nonché, fuori
da questo caso e da quelli previsti dall’art. 5, comma
1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, alle domande aventi a
oggetto il pagamento, a qualsiasi titolo, di somme non
eccedenti cinquantamila euro.
Anche la negoziazione assistita costituirebbe, infatti, come
la mediazione, una condizione di procedibilità della
domanda giudiziale.
Tuttavia, nei procedimenti per ingiunzione, la procedura di
negoziazione assistita, secondo quanto disposto dall’art. 3,
comma 3, lettera a), del d.l. n. 132 del 2014, non deve
essere esperita né nella fase monitoria né nel successivo,
eventuale giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo.
mediazione corte costituzionale
Al contrario, in virtù della disposizione censurata, il
procedimento preliminare di mediazione, benché parimenti
non applicabile alle domande proposte in via monitoria, deve
essere intrapreso nel giudizio di opposizione al decreto
ingiuntivo, sia pure dopo la pronuncia del giudice, ai sensi
degli artt. 648 e 649 del codice di procedura civile, sulle
istanze di concessione e di sospensione della provvisoria
esecuzione del decreto stesso.
La descritta diversità tra le due discipline, ad avviso del
giudice a quo, integrerebbe, come detto, una violazione
dell’art. 3 Cost., determinando una disparità di
trattamento manifestamente irragionevole e in quanto tale
incidente anche nell’ambito della disciplina degli istituti
processuali.
5.3.– L’Avvocatura generale ha sollevato preliminarmente
eccezione d’inammissibilità della questione per difetto di
rilevanza – o, comunque, per difetto di motivazione su di
essa – rimarcando l’omessa indicazione, da parte del
Tribunale rimettente, del valore della causa oggetto del
giudizio a quo, che non consentirebbe di comprendere se
nella fattispecie concreta possa, o meno, trovare
applicazione la norma, evocata quale tertium comparationis,
che disciplina la negoziazione assistita.
5.3.1.– L’eccezione non è pertinente.
A prescindere dal tertium comparationis, evocato solo quale
indice di una rottura della coerenza dell’ordinamento, il
giudice a quo è infatti chiamato a decidere, in sede di
opposizione a decreto ingiuntivo, sulla istanza di
concessione della esecuzione provvisoria del decreto stesso,
avente ad oggetto un credito derivante da un contratto di
anticipazione bancaria. Assunta la decisione in merito a
tale richiesta, egli dovrebbe quindi assegnare alle parti il
termine per intraprendere il procedimento di mediazione,
secondo quanto previsto dal disposto dei commi 1-bis e 4,
lettera a), dell’art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010.
Tanto chiarito, si deve osservare che è ben vero che il
rimettente non indica specificamente il valore della causa
sottoposta alla sua cognizione, ma è altrettanto vero che
ciò è ininfluente, giacché questa ha ad oggetto un
contratto bancario: a prescindere dal suo valore, essa
rientra quindi, in ogni caso, nel novero di quelle soggette
alla mediazione. mediazione corte costituzionale
Pertanto, ove dovesse essere ritenuta sussistente la dedotta
irragionevole disparità di trattamento, con la conseguente
espunzione di quella parte della norma censurata da cui
deriva l’obbligatorietà della mediazione nel giudizio di
opposizione a decreto ingiuntivo, si espanderebbe la
disciplina generale dell’accesso incondizionato alla
giurisdizione. È dunque palese che, nonostante l’omissione
evidenziata dalla difesa statale, la questione è rilevante,
giacché dal suo accoglimento deriverebbe che il giudice
rimettente non dovrebbe assegnare il termine per
intraprendere il procedimento di mediazione.
Da questo punto di vista, la censura supera il vaglio di
ammissibilità.
5.4.– Al pari di quelle già esaminate, neppure essa è,
tuttavia, fondata.
5.4.1.– Entrambi gli istituti processuali posti a raffronto
sono diretti a favorire la composizione della lite in via
stragiudiziale e sono riconducibili alle «misure di ADR
(Alternative Dispute Resolution)» (sentenza n. 77 del 2018).
Entrambi, inoltre, costituiscono condizioni di
procedibilità della domanda giudiziale, il cui difetto ha
peraltro conseguenze analoghe, con finalità deflattiva.
A fronte di tali profili di omogeneità, è tuttavia
ravvisabile nella mediazione un fondamentale elemento
specializzante, che assume rilievo al fine di escludere che
si sia al cospetto di situazioni sostanzialmente identiche
disciplinate in modo ingiustificatamente diverso, ovvero che
la scelta legislativa di trattare diversamente, con riguardo
al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, le due
fattispecie possa ritenersi manifestamente irragionevole e
arbitraria, «questo essendo il parametro di riferimento in
materia, tenuto conto che si discute di istituti
processuali, nella cui conformazione […] il legislatore
fruisce di ampia discrezionalità» (sentenza n. 12 del 2016;
nello stesso senso, sentenza n. 164 del 2017). mediazione
corte costituzionale
5.4.2.– Più precisamente, il procedimento di mediazione è
connotato dal ruolo centrale svolto da un soggetto, il
mediatore, terzo e imparziale, là dove la stessa
neutralità non è ravvisabile nella figura dell’avvocato
che assiste le parti nella procedura di negoziazione
assistita.
Il mediatore, infatti, ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n.
28 del 2010, da un lato, non può «assumere diritti od
obblighi connessi […] con gli affari trattati […]» né
percepire compensi direttamente dalle parti (comma 1);
dall’altro, è obbligato a sottoscrivere, per ciascuna
controversia affidatagli, un’apposita «dichiarazione di
imparzialità» e a informare l’organismo di mediazione e le
parti delle eventuali ragioni che possano minare la sua
neutralità (comma 2, lettere a e b).
Tale neutralità, oltre ad essere sancita anche dall’art. 3,
comma 2, del d.lgs. n. 28 del 2010, è peraltro altresì
precisata dalla disciplina posta dall’art. 14-bis del
decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180
(Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle
modalità di iscrizione e tenuta del registro degli
organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la
mediazione, nonché l’approvazione delle indennità
spettanti agli organismi, ai sensi dell’articolo 16 del
decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28), adottato, ai sensi
dell’art. 16, comma 2, del medesimo d.lgs., di concerto con
il Ministro per lo sviluppo economico, che regola le cause
di incompatibilità e le ipotesi di conflitti di interesse
in capo al mediatore.
Mentre, dunque, nella mediazione il compito – fondamentale
al fine del suo esito positivo – di assistenza alle parti
nella individuazione degli interessi in conflitto e nella
ricerca di un punto d’incontro è svolto da un terzo
indipendente e imparziale, nella negoziazione l’analogo
ruolo è svolto dai loro stessi difensori: è
conseguentemente palese come, pur versandosi in entrambi i
casi in ipotesi di condizioni di procedibilità con
finalità deflattive, gli istituti processuali in esame
siano caratterizzati da una evidente disomogeneità.
La lumeggiata eterogeneità, nei termini appena illustrati,
trova d’altro canto un chiaro riscontro nella giurisprudenza
costituzionale. Questa Corte, esaminando la mediazione
tributaria disciplinata dall’art. 17-bis del decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul
processo tributario in attuazione della delega al Governo
contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n.
413), ha difatti rimarcato che la mancanza, in essa, «di un
soggetto terzo che, come avviene per la mediazione delle
controversie civili e commerciali disciplinata dal d.lgs. n.
28 del 2010 […], svolga la mediazione», se da un lato
«comporta l’impossibilità di ricondurre la mediazione
tributaria al modello di quella civilistica», dall’altro
«induce a dubitare della stessa riconducibilità
dell’istituto all’ambito mediatorio propriamente inteso»
(sentenza n. 98 del 2014).
L’evidenziata disomogeneità delle due fattispecie poste a
confronto ne preclude, dunque, una comparabilità idonea a
integrare l’asserita violazione dell’art. 3 Cost. e induce a
escludere che sia stato irragionevolmente riservato un
trattamento differenziato alla mediazione e, quindi, che la
scelta legislativa denunciata dal rimettente abbia valicato
il confine dell’arbitrarietà.
5.4.3.– D’altra parte, il tratto differenziale appena
rilevato conferma la ratio che sostiene il diverso regime
giuridico di cui, invece, si duole il giudice a quo: la
presenza di un terzo del tutto indipendente rispetto alle
parti giustifica, infatti, le maggiori possibilità della
mediazione, rispetto alla negoziazione assistita, di
conseguire la finalità cui è preordinata e, pertanto, la
scelta legislativa di rendere obbligatoria solo la prima, e
non la seconda, anche nel giudizio di opposizione a decreto
ingiuntivo.
In tale ultimo giudizio, in altri termini, il legislatore ha
ritenuto inutile imporre la negoziazione assistita, giacché
essa è condotta direttamente dalle parti e dai loro
avvocati, senza l’intervento di un terzo neutrale.
Anche alla luce della considerazione che precede, deve
dunque escludersi che il differente trattamento normativo
portato all’attenzione di questa Corte possa essere ritenuto
manifestamente irragionevole e arbitrario. mediazione corte
costituzionale
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara inammissibili le questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 84, comma 2, del decreto-legge 21
giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio
dell’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 9
agosto 2013, n. 98, sollevate, in riferimento all’art. 3
della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Verona con le
ordinanze indicate in epigrafe;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 84, comma 1, lettera b), del d.l.
n. 69 del 2013, come convertito, che inserisce il comma
1-bis all’art. 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28
(Attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n.
69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione
delle controversie civili e commerciali), e dell’art. 84,
comma 1, lettera i), dello stesso d.l. n. 69 del 2013, nella
parte in cui aggiunge il comma 4-bis, secondo periodo,
all’art. 8 del citato d.lgs. n. 28 del 2010, sollevate, in
riferimento agli artt. 3 e 77, secondo comma, Cost., dal
Tribunale ordinario di Verona con le ordinanze indicate in
epigrafe; mediazione corte costituzionale
3) dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 5, comma 4, lettera a), del d.lgs.
n. 28 del 2010, sollevata, in riferimento all’art. 3 Cost.,
dal Tribunale ordinario di Verona con l’ordinanza iscritta
al n. 98 del registro ordinanze 2018.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2019. mediazione corte
costituzionale
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Luca ANTONINI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 18 aprile 2019.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA |
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