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“Il Tar Lazio con la sentenza n.5489/2025
del 17 marzo 2025 interviene sulle indennità di
mediazione dichiarandole legittime” |
Sezione Giurisprudenza |
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completa |
a
cura di Giovanna Crocè
Il nuovo regolamento delle indennità spettanti agli
organismi è coerente con lo spirito della riforma della
mediazione ed immune da vizi di incostituzionalità, siccome
improntato ad un generale rafforzamento dell’istituto e,
correlativamente, della professionalità dei mediatori. La
nuova disciplina delle indennità rende più efficace
l’istituto e disvela il giusto intento di rendere la
mediazione non un mero passaggio procedimentale, ma un
momento dialettico serio e ponderato tra le parti
contendenti, nell’ambito del quale queste ultime possono
trovare un accordo, senza che sia preclusa la strada
giudiziale. In tale ottica, la previsione della
corresponsione delle spese di mediazione per lo svolgimento
del primo incontro di mediazione (in aggiunta al costo di
avvio della procedura e indipendentemente dal raggiungimento
dell’accordo) persegue proprio il fine di assicurare
l’effettività e l’utilità dell’istituto. Il versamento del
costo della mediazione responsabilizza, quindi, le parti
rispetto all’utilità dell’incontro e consente loro, in caso
di esito positivo, di definire la controversia, non
esponendosi al pagamento dei costi ben più alti che comporta
l’instaurazione di un processo.
Il Tar Lazio conferma la legittimità della disciplina
delle nuove tariffe previste dal DM 150/2023.
La vicenda trae origine dal ricorso proposto dal Codacons
contro il Ministero della Giustizia ed il Ministero delle
Imprese per l’annullamento in parte qua del Decreto del
Ministero della Giustizia, 24 ottobre 2023, n. 150 che
disciplina la determinazione dei criteri e delle modalità di
iscrizione e tenuta del registro degli organismi di
mediazione e dell'elenco degli enti di formazione, nonché
l'approvazione delle indennità spettanti agli organismi.
L’associazione ricorrente contesta il decreto ministeriale
nella parte in cui è stata introdotta la disciplina dei
costi della mediazione gravanti sulle parti. Il Codacons
lamenta che la disciplina della riforma dispone che, già
all'atto del deposito della domanda di mediazione o
dell'adesione, la parte debba pagare, oltre alle spese vive
documentate, un’indennità corrispondente sia alle spese di
avvio del procedimento che alle spese di mediazione per lo
svolgimento del primo incontro. La ricorrente censura anche
il decreto gravato poiché avrebbe previsto un sensibile
incremento dei costi complessivi che le parti devono
sostenere per la mediazione obbligatoria, oltre ad una più
gravosa disciplina dell’istituto del gratuito patrocinio.
Il Tar Lazio, con la sentenza in commento, rigetta il
ricorso del Codacons , rilevando come, invece, le previsioni
normative contestate siano coerenti con lo spirito della
riforma sulla mediazione .
Il Collegio, con motivazione approfondita, osserva come il
nuovo assetto della mediazione abbia conferito maggiore
serietà all’istituto che, troppo spesso, in passato era
stato una mera formalità , utilizzata dalle parti soltanto
ai fini della procedibilità della successiva azione
giudiziaria.
Il Tar si sofferma sulle finalità deflattive e di buon
funzionamento del sistema giustizia già espresse dalla legge
delega 206/2021 e sull’importanza del rafforzamento della
professionalità dei mediatori.
La legge delega, infatti, rileva il Collegio, contiene molti
indici che confermano il doveroso rafforzamento della
professionalità dei mediatori e del funzionamento
dell’istituto, che, da inutile “step” procedimentale per
accedere alla fase giudiziaria, deve divenire, nell’ottica
del legislatore, effettivo strumento di composizione e
ausilio delle controversie private. Tra i detti indici,
vanno annoverati la ribadita obbligatorietà della mediazione
quale condizione per l’esperimento della domanda giudiziale
e, contestualmente, il sensibile ampliamento dei casi
obbligatori, tra cui figurano controversie di maggiore
indubbia complessità rispetto al passato.
Il Tar Lazio, soffermandosi sulle censure mosse
dall’associazione ricorrente, rileva come la previsione
della corresponsione delle spese di mediazione per lo
svolgimento del primo incontro di mediazione (in aggiunta al
costo di avvio della procedura e indipendentemente dal
raggiungimento dell’accordo) persegua proprio il fine di
assicurare l’effettività e l’utilità dell’istituto,
responsabilizzando le parti rispetto all’utilità
dell’incontro e consenta loro, in caso di esito positivo, di
definire la controversia, non esponendosi al pagamento dei
costi ben più alti che comporta l’instaurazione di un
processo. Tale nuova efficacia non impedisce in alcun modo
alle parti processuali il diritto di accesso al sistema
giudiziario ma anzi rende la mediazione un’opportunità di
confronto serio e ponderato tra le parti, senza precludere
la strada giudiziale.
Peraltro, come giustamente osservato dal Collegio, una
complessiva lettura della riforma, consente di rilevare la
proporzionalità dei costi di indennità (mai aggiornati
prima) di cui sono onerate le parti, soprattutto se messi in
relazione con i commi 1, 2 e 3 dell’art. 20 del d.lgs. n.
28/2010 che prevedono il riconoscimento, in favore delle
parti, di un credito d’imposta commisurato all’entità
dell’indennità corrisposta all’organismo di mediazione e,
nei casi obbligatori, anche di un credito d’imposta per il
compenso corrisposto all’avvocato. Inoltre, in caso di
raggiungimento di un accordo di conciliazione, alla parte
che lo ha versato, viene riconosciuto un ulteriore credito
d’imposta commisurato all’importo del contributo unificato
versato per la instaurazione del giudizio dichiarato
estinto. Il D.M. 1° agosto 2023, in attuazione delle sopra
citate norme primarie, ha disciplinato le modalità con cui
le parti, mediante apposita piattaforma informatica, possono
presentare la domanda di riconoscimento del beneficio
fiscale. Tale regolamentazione compensa, quindi, l’esborso
affrontato per accedere alla procedura di mediazione.
Il Collegio ritiene, in fine, non sussistente il contestato
profilo di illegittimità costituzionale dell’art. 15-bis del
d.lgs n 28/2010 come inserito dall’articolo 7, comma 1,
lett.t) del d.lgs. 149/2022, nella parte in cui subordina il
gratuito patrocinio alla condizione che sia raggiunto
l’accordo di conciliazione. Il Tar Lazio rileva, infatti,
come anche in questo caso il sistema sia perfettamente
coerente ed in nulla preclusivo dell’accesso alla giustizia
anche per i soggetti non abbienti. La parte non abbiente è
ammessa al patrocinio per svolgere la mediazione alle stesse
condizioni delle quali si gioverebbe in caso di giudizio. Il
Collegio precisa, poi, come l’accesso al beneficio non sia
condizionato al raggiungimento dell’accordo, in quanto tale
esito è solo condizione per l’accesso, da parte
dell’avvocato che ha prestato assistenza, alla speciale
liquidazione o trasformazione in credito d’imposta come
previsto dall’articolo 15 octies. In ogni caso, il sistema
consente sempre, in caso di mancato raggiungimento della
conciliazione, una volta esperita la procedura di mediazione
obbligatoria e dunque soddisfatto la condizione di
procedibilità, che la parte interessata possa agire
giudizialmente e, in quella sede, all’esito del giudizio,
chiedere in via ordinaria la liquidazione dell’assistenza
offerta dall’avvocato.
Il Tar Lazio, in conclusione, conferma la legittimità del
nuovo regolamento introdotto con il DM 150/23, in conformità
con l’intento del legislatore di rendere più concreto ed
efficace l’istituto della mediazione come momento dialettico
serio e ponderato tra le parti.
Reggio Calabria, 21 marzo 2025 |
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
Il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) |
ha pronunciato la seguente |
SENTENZA |
sul ricorso numero di registro
generale 364 del 2024, proposto da Codacons Associazione
Utenti della Giustizia, in persona del legale rappresentante
pro tempore, e da Giovanni Ognibene, rappresentati e difesi
dagli avvocati Gino Giuliano e Carlo Rienzi, con domicilio
digitale come da PEC da Registri di Giustizia; |
contro |
Ministero della Giustizia e
Ministero delle Imprese e del Made in Italy, in persona dei
legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12; |
nei confronti |
Garante per la Protezione dei Dati
personali, non costituito in giudizio; |
FATTO E DIRITTO |
1.Parte ricorrente ha impugnato in
parte qua il decreto del Ministero della Giustizia 24
ottobre 2023, n.150, con cui è stato approvato il
regolamento recante la determinazione dei criteri e delle
modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi
di mediazione e dell'elenco degli enti di formazione, nonché
l'approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai
sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010
n. 28 e l'istituzione dell'elenco degli organismi ADR
deputati a gestire le controversie nazionali e
transfrontaliere, nonché il procedimento per l'iscrizione
degli organismi ADR ai sensi dell'articolo 141-decies del d.
lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (Codice del Consumo), a norma
dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003 n.229.
In particolare, parte ricorrente ha contestato il decreto
ministeriale nella parte in cui è stata introdotta la
disciplina dei costi della mediazione gravanti sulle parti.
Parte istante assume, innovando rispetto al precedente
sistema, che prevedeva una prima fase filtro della
mediazione che, in caso di opt out ad opera anche di una
sola delle parti, era totalmente gratuita (contestualmente
soddisfacendo la condizione di procedibilità prevista
dall’articolo 5 comma 2 bis del d.lgs.28/2010), il d.lgs.
149 2022 (articolo 7) ha soppresso il consenso ad entrare in
mediazione prevedendo l'operatività già nel corso del primo
incontro dell'obbligo del mediatore di tentare il
raggiungimento dell'accordo di conciliazione. Il Codacons
lamenta che, già all'atto del deposito della domanda di
mediazione o dell'adesione, la parte, col nuovo sistema,
dovrà pagare, oltre alle spese vive documentate,
un’indennità corrispondente sia alle spese di avvio del
procedimento che alle spese di mediazione per lo svolgimento
del primo incontro (prevedendosi, ex articolo 17 comma 4,
che il regolamento dell’organismo possa contemplare
ulteriori somme per il caso di conclusione dell’accordo di
conciliazione o per gli incontri successivi).
Inoltre, lamenta l’associazione istante, il decreto gravato,
integrando la disciplina precedente, avrebbe previsto un
sensibile incremento dei costi complessivi che le parti
devono sostenere per la mediazione obbligatoria, come
dettagliatamente esposti in atti, oltre ad una più gravosa
disciplina dell’istituto del gratuito patrocinio.
Tali innovative previsioni sono state tacciate di
illegittimità dall’esponente, siccome pregiudizievoli degli
interessi dei cittadini e violative del diritto di accesso
alla giustizia costituzionalmente garantito dall'articolo 24
della Carta Costituzionale, nonché dalle norme
sovranazionali indicate in ricorso. L’ente istante ha
denunciato l’illegittimità costituzionale delle pertinenti
disposizioni indicate in ricorso e, di risulta,
l’illegittimità derivata del decreto ministeriale gravato,
di cui ha chiesto l’annullamento, previo eventuale rinvio
pregiudiziale alla CGUE nei sensi esposti nell’ultimo motivo
di gravame.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Giustizia
il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ampiamente
argomentando nel senso dell’infondatezza del gravame. Sono
intervenute in causa, sia ad opponendum sia ad adiuvandum,
le altre parti nominate in epigrafe. L’affare è stato
chiamato all’udienza pubblica dell’8 gennaio 2025 e ivi
trattenuto in decisione.
2. Il ricorso non può essere accolto.
Rileva il Collegio come le previsioni normative contestate
sia coerenti con lo spirito della riforma della mediazione
ed immuni da vizi di incostituzionalità, siccome improntate
ad un generale rafforzamento dell’istituto e,
correlativamente, della professionalità dei mediatori.
Invero, già dall’articolo 1, comma 4, lett. l) della ridetta
legge 206/2021 emerge la finalità della nuova disciplina,
incentrata su una generale elevazione della formazione e del
profilo culturale dei mediatori, in quanto strumenti
divenuti indispensabili per fini deflativi e di buon
funzionamento del “sistema giustizia”. La legge delega
contiene molti indici che confermano il doveroso
rafforzamento della professionalità dei mediatori e del
funzionamento dell’istituto, che, da inutile step
procedimentale per accedere alla fase giudiziaria, deve
divenire, nell’ottica del legislatore, effettivo strumento
di composizione e ausilio delle controversie private. Tra i
detti indici, vanno annoverati la ribadita obbligatorietà
della mediazione quale condizione per l’esperimento della
domanda giudiziale e, contestualmente, il sensibile
ampliamento dei casi obbligatori, tra cui figurano
controversie di maggiore indubbia complessità rispetto al
passato.
Si aggiunga il nuovo previsto collegamento tra l’attività
istruttoria che si svolge davanti al mediatore e l’eventuale
fase processuale (in caso di mancato raggiungimento
dell’accordo), circostanza che impone una maggiore
qualificazione del mediatore, in ragione dei riflessi che
l’attività svolta dinanzi a lui può avere sulla fase
giudiziale. Senza contare il cospicuo investimento di
risorse pubbliche a sostegno della riforma che punta sulla
qualità maggiore del servizio.
3. Ciò premesso, deve in primis, essere respinta la censura,
con cui parte istante ha dedotto la violazione della
direttiva 2008/52/CE e dell’articolo 47 della Carta di
Nizza, posto che non risulta in alcun modo impedito alle
parti processuali il diritto di accesso al sistema
giudiziario. Il ricorso al giudice è sempre consentito per
determinate tipologie di provvedimenti e la stessa
mediazione si atteggia quale condizione di procedibilità
condizionata alla conclusione del primo incontro di
mediazione.
Il fatto che l’istituto sia stato reso più efficace, lungi
dall’atteggiarsi a ostacolo al diritto di difesa, disvela il
giusto intento di rendere la mediazione non un mero
(inutile) passaggio procedimentale, ma un momento dialettico
serio e ponderato tra le parti contendenti, nell’ambito del
quale queste ultime possono trovare un accordo, senza che
sia preclusa la strada giudiziale.
In tale ottica la previsione della corresponsione delle
spese di mediazione per lo svolgimento del primo incontro di
mediazione (in aggiunta al costo di avvio della procedura e
indipendentemente dal raggiungimento dell’accordo) persegue
proprio il ridetto fine di assicurare l’effettività e
l’utilità dell’istituto.
Infatti, come dedotto in modo condivisibile dalla difesa
erariale con osservazione plausibile sia dal punto di vista
giuridico che dal punto di vista della logica comune, il
versamento del costo della mediazione responsabilizza le
parti rispetto all’utilità dell’incontro e consente loro, in
caso di esito positivo, di definire la controversia, non
esponendosi al pagamento dei costi ben più alti che comporta
l’instaurazione di un processo.
Per altro la proporzionalità della misura è assicurata dal
fatto che le spese in rilievo sono parametrate al valore
della controversia e sono diminuite quando la mediazione è
condizione di procedibilità o è imposta dal giudice.
Parallelamente viene assicurato in ogni caso il patrocinio a
spese dello Stato per la parte non abbiente per l’assistenza
dell’avvocato nel procedimento di mediazione, in presenza
dei presupposti di cui all’articolo 15-bis del d. lgs. n.148
del 2010.
Osserva il Collegio che la conformità alla richiamata
normativa comunitaria deriva anche dal fatto che, nella
sostanza, il d. lgs. 10 ottobre 2022 n.149 (attuativo della
legge delega e in conformità al criterio di delega previsto
dall’articolo 1, comma 4, lett.c della legge 26 novembre
2011 n.206, che domandava al delegato di estendere le
materie della mediazione obbligatoria) ha conservato
l’impianto complessivo del sistema della mediazione, come
configurato dal d. lgs. n.28/2010. Solo che l’istituto è
stato implementato, per mezzo dell’aumento delle tipologie
di controversie, il rafforzamento professionale dei
professionisti e, inoltre, considerando assolta la
condizione di procedibilità con la conclusione del primo
incontro senza accordo di conciliazione.
Si tratta di misure proporzionate ed in linea con una
concezione seria dell’istituto, il quale, in passato, troppo
spesso è stata una vuota formalità che le parti contendenti
(senza alcuno stimolo conciliativo e senza che vi fosse
alcuna utilità per la successiva fase giudiziale) erano
costrette a percorrere.
4. Il Collegio reputa di disattendere anche la censura di
illegittimità costituzionale dell’articolo 5 del d.lgs. n.
28/2010 (come sostituito dall’articolo 7, comma 1, lett. d,
del d.lgs. n.149/2022), e di risulta di illegittimità
derivata del decreto ministeriale gravato.
Parte ricorrente si duole della gravosità dei costi di
mediazione, con riveniente pregiudizio del principio di
uguaglianza (tra cittadini con maggiori e minori capacità
economiche) e del diritto di difesa.
Si osserva, a conferma della ragionevolezza della previsione
de qua, che l’articolo 1, comma 4, lett. a) della legge
n.206/2021 attribuiva espressamente al legislatore delegato
il compito di riformare la disciplina delle spese di avvio
della procedura di mediazione e delle indennità spettanti
agli organismi di mediazione (come detto riqualificati nel
senso di una maggiore professionalità della preparazione
giuridica).
È stato così introdotto il nuovo testo dell’articolo 17 del
d.lgs. n. 28/2010, il cui comma 5 prevede che con decreto
del Ministro della Giustizia fossero determinati gli importi
a titolo di indennità per le spese di avvio e per le spese
di mediazione per il primo incontro.
Dunque, nell’ottica di rafforzare la qualità e l’effettività
dell’istituto, è stato riformato il regime previgente,
mediante la previsione del diritto degli organismi di
percepire dalle parti un’indennità per le spese di avvio e
per le spese del primo incontro.
Quest’ultimo non è più gratuito e meramente informativo, ma
rappresenta un momento essenziale in cui le parti sono
realmente in grado di definire le posizioni convergenti.
Conferma dell’importanza di tale step procedimentale è data
dal fatto che i medesimi organismi hanno l’obbligo di porre
a disposizione delle parti un mediatore che svolga le
attività descritte dal comma 6 dell’articolo 8 del ridetto
decreto legislativo.
È certo infatti, giova ribadire, che uno dei motivi per cui
il vecchio istituto non funzionava e si risolveva in un
passaggio meramente formale per l’accesso alla fase
giudiziale, fosse proprio la gratuità del primo incontro e
la natura, per così dire “anodina” e meramente formale della
convocazione, in occasione della quale il mediatore
semplicemente spiegava il funzionamento della procedura di
giustizia consensuale, di regola senza entrare nel merito
della conflitto esistente tra le parti contrapposte.
Ed allora la riforma delle spese di avvio della procedura si
inserisce esattamente nelle ricordate finalità di
implementazione dell’istituto in termini di effettività e di
efficacia, specie quando il suo avvio è condizione di
procedibilità della domanda giudiziale.
Ne risulta che in modo del tutto coerente, coloro che,
obbligatoriamente o volontariamente, accedono alla
mediazione sono tenuti a versare all’organismo di mediazione
l’indennità per i costi del primo incontro (voce composta da
spese di avvio e spese di attività di mediazione).
Tanto consente di disattendere anche la censura con cui
parte ricorrente denuncia la gravosità dei costi, che
ostacolerebbe l’accesso alla giustizia negata limitazione
obbligatoria.
Si aggiunga che l’articolo 20, commi 1, 2 e 3 del d.lgs. n.
28/2010 prevedono il riconoscimento, in favore delle parti,
di un credito d’imposta commisurato all’entità
dell’indennità corrisposta all’organismo di mediazione e,
nei casi obbligatori, anche di un credito d’imposta per il
compenso corrisposto all’avvocato. Inoltre, in caso di
raggiungimento di un accordo di conciliazione, alla parte
che lo ha versato, viene riconosciuto un ulteriore credito
d’imposta commisurato all’importo del contributo unificato
versato per la instaurazione del giudizio dichiarato
estinto. Il D.M. 1° agosto 2023, in attuazione delle sopra
citate norme primarie, ha disciplinato le modalità con cui
le parti, mediante apposita piattaforma informatica, possono
presentare la domanda di riconoscimento del beneficio
fiscale.
La congruità dei costi introdotti dal nuovo sistema deve
dunque essere vagliata alla luce di quanto sopra, per il
tramite di una regolamentazione che compensa l’esborso
affrontato per accedere alla procedura di mediazione. Il
rimborso, sotto forma di credito d’imposta, è garantito da
idonee coperture finanziarie, autorizzate dalla Ragioneria
Generale dello Stato di concerto con il Ministero delle
Finanze, tal ché il Ministero della Giustizia dispone,
presso i Dipartimenti competenti, dei relativi stanziamenti
(come risulta dalla legge di bilancio per il 2024).
Sempre sotto il profilo della proporzione della
quantificazione dei costi, deve anche ricordarsi come i
vecchi importi previsti dal precedente decreto ministeriale
non erano mai stati aggiornati e che la quantificazione
delle spese per la mediazione è proporzionate al valore
della lite, prevedendosi tre scaglioni per consentire alle
fasce di valore meno alto di avere costi più bassi.
La modulazione del pagamento dei costi di mediazione è
infine assicurata dal fatto che, in caso di mancato
raggiungimento dell’accordo, non è dovuto alcun altro
importo a titolo di spese di mediazione, mentre, per
converso, la previsione di un esborso per le spese di
mediazione in caso di raggiungimento dell’accordo è in linea
con il sistema previgente che, in virtù del consenso
prestato dalle parti, prevedeva che venissero pagate (oltre
a quelle del primo incontro) le attività necessarie per la
conclusione dell’accordo. In caso poi di mediazione
obbligatoria, l’articolo 28, comma 8 contempla una ulteriore
riduzione dei costi.
La scelta del legislatore della riforma risulta dunque
ragionevole e altrettàli considerazioni vanno fatte per il
decreto gravato.
5. Con ulteriore censura, parte ricorrente ha dedotto
l’illegittimità costituzionale dell’articolo 15-bis del
d.lgs. n. 28/2010, come inserito dall’articolo 7, comma 1,
lett.t) del d.lgs. 149/2022, nella parte in cui subordina il
gratuito patrocinio alla condizione che sia raggiunto
l’accordo di conciliazione. Anche tale doglianza deve essere
respinta.
Deve ricordarsi come la disciplina del patrocinio a spese
dello Stato è contenuta, per quanto riguarda l’istituto di
cui si verte, negli articoli da 15-bis a 15-undecies Capo II
del d.lgs. 4 marzo 2010 n.28. Tale disciplina speciale è
coerente, per quanto concerne i requisiti reddituali
necessari per accedere al beneficio, con il DPR 115/2002 in
materia di spese di giustizia.
La disciplina per l’ammissione al gratuito patrocinio è
invece diversa rispetto al ridetto Testo Unico, così come
diversa è la regolamentazione della liquidazione del
compenso all’avvocato o della scelta di usufruire del
credito fiscale.
Sul punto si rileva come, nella materia in esame,
l’assistenza legale obbligatoria nei casi in cui
l’esperimento della mediazione è condizione di procedibilità
discende dall’articolo 5, comma 1, del citato decreto. Tale
scelta legislativa è stata confermata dalla Corte
Costituzionale (sentenza n. 10 del 2022), opportunamente
richiamata dalla difesa erariale. Ne consegue che
l’assistenza legale obbligatoria in mediazione è del tutto
legittima, anche dopo la riforma, nei casi in cui
l’esperimento della mediazione costituisca condizione di
procedibilità della domanda e proprio in ragione
dell’importanza della fase, che impone una dialettica
informata e garantita dalla presenza dell’avvocato.
Al di là di tali ipotesi, le parti non sono vincolate e
possono partecipare anche senza l’assistenza di un
professionista alla procedura di risoluzione alternativa
delle controversie.
La parte non abbiente è ammessa al patrocinio per svolgere
la mediazione alle stesse condizioni delle quali si
gioverebbe in caso di giudizio. Inoltre, deve anche
precisarsi come l’accesso al beneficio non è condizionato al
raggiungimento dell’accordo, in quanto tale esito è solo
condizione per l’accesso, da parte dell’avvocato che ha
prestato assistenza, alla speciale liquidazione o
trasformazione in credito d’imposta come previsto
dall’articolo 15 octies.
In ogni caso, il sistema consente sempre, in caso di mancato
raggiungimento della conciliazione, una volta esperita la
procedura di mediazione obbligatoria e dunque soddisfatto la
condizione di procedibilità, che la parte interessata possa
agire giudizialmente e, in quella sede, all’esito del
giudizio, chiedere in via ordinaria la liquidazione
dell’assistenza offerta dall’avvocato. Nei casi poi di
mediazione demandata dal giudice, la parte non abbiente, in
quanto parte del giudizio, già può usufruire del beneficio
de quo in via ordinaria.
A riprova della ragionevolezza del sistema, va soggiunto
che, nei casi di mediazione quale condizione di
procedibilità della domanda, ai sensi dell’articolo
15-septies comma 2, la medesima parte è esentata dal
pagamento delle indennità previste dall’articolo 17, commi 3
e 4 del sopracitato decreto legislativo. Ne risulta un
sistema perfettamente coerente in nulla preclusivo
dell’accesso alla giustizia, anche per i soggetti che non
abbiano sufficienti capacità economiche, e, ancora una
volta, ispirato ad una generale riconfigurazione
dell’istituto in termini di efficacia e importanza.
6. Per quanto sopra esposto nessun dubbio di
costituzionalità può essere rinvenuto nelle previsioni
contestate ed alcuna illegittimità ricorre nel decreto
ministeriale gravato.
Né vi è luogo per accedere alla richiesta di rinvio
pregiudiziale alla CGUE, prospettata pure nel ricorso
introduttivo, posto che la nuova conformazione dell’istituto
risponde alle esigenze professate dalla normativa unionale,
nella convinzione che esso possa fornire una soluzione
conveniente e rapida per comporre le controversie in materia
civile e commerciale.
7. In conclusione, il ricorso deve essere respinto perché
infondato. Sussistono, tuttavia, i presupposti di legge per
compensare le spese di lite tra tutte le parti in causa. |
P.Q.M. |
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente
pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo
respinge. Spese compensate tra tutte le parti in causa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8
gennaio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Roberto Politi, Presidente
Filippo Maria Tropiano, Consigliere, Estensore
Alberto Ugo, Referendario |
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