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“Se la mediazione è disposta dal giudice, la mancata ottemperanza a tale invito determina l'improcedibilità della domanda "ab initio" svolta” | Sezione Giurisprudenza
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a cura di Giovanna Crocè
Quando la mediazione è disposta dal giudice, ai sensi dell'art. 5, commi 1 e 1-bis, d.lgs. n. 28 del 2010, la mancata ottemperanza a tale invito determina l'improcedibilità della domanda "ab initio" svolta e non dell'eventuale impugnazione, giacché incide definitivamente sull'azione originaria e non sulla fase processuale.
Il provvedimento con il quale il giudice di appello abbia impartito disposizioni funzionali alla prosecuzione del processo, disponendo l’esperimento del tentativo di mediazione, conserva il suo carattere ordinatorio sotto il profilo tanto formale quanto sostanziale e conseguentemente, non può essere sindacato in sede di legittimità.

La Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sull’improcedibilità ricadente sull’intero giudizio, ab inizio, in caso di mancato esperimento del procedimento di mediazione disposta dal Giudice.
La vicenda prende le mosse dal giudizio di appello, svolto innanzi al Tribunale di Catanzaro, promosso avverso la decisione del Giudice di Pace di Catanzaro che ha accolto la domanda dell’attore volta ad ottenere il pagamento dell'importo di Euro 5.000,00 nei confronti di un istituto di credito, nell'ambito di un contratto di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio.
A seguito di rituale impugnazione da parte dell’istituto di credito, il Tribunale di Catanzaro ha accolto il gravame rilevando come l'appellante abbia tempestivamente sollevato l'eccezione di improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatorio, riproponendo l'eccezione nell'atto di appello, non essendosi il giudice di prime cure pronunziato sul punto. Una volta onerata la parte più diligente dell'avvio della procedura di mediazione, il relativo procedimento non è stato avviato da nessuna parte e, pertanto, la domanda proposta dall’attore in primo grado è stata dichiarata improcedibile.
L’attrice in primo grado, ha proposto ricorso innanzi alla Suprema Corte di Cassazione , deducendo la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 2, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, poiché il Tribunale dopo l'udienza di precisazione delle conclusioni e dopo aver trattenuto la causa in decisione, ha rimesso la stessa sul ruolo disponendo la mediazione.
La ricorrente ha affermato che la mediazione non avrebbe potuto essere avviata in fase di decisione, in quanto la fissazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni esaurirebbe, una volta per tutte, il potere di avviare le parti in mediazione e il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 2, autorizzerebbe tale lettura restrittiva.
La Corte di Cassazione ha dichiarato tale censura inammissibile.
Come è noto, in tema di mediazione obbligatoria del D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 5, comma 1-bis, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda, ma l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza; ove ciò non avvenga, il giudice d'appello può disporre la mediazione, ma non vi è obbligato, neanche nelle materie indicate dallo stesso art. 5, comma 1-bis, atteso che in grado d'appello l'esperimento della mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda solo quando è disposta discrezionalmente dal giudice, ai sensi dell'art. 5, comma 2 (Sez. 3, n. 25155 del 10 novembre 2020). Nel caso di specie, il Tribunale, dopo la precisazione delle conclusioni, ha rimesso il processo in istruttoria, per far appunto svolgere tale incombente. Il provvedimento con il quale il giudice di appello abbia impartito disposizioni funzionali alla prosecuzione del processo conserva il suo carattere ordinatorio sotto il profilo tanto formale quanto sostanziale. Conseguentemente, non può essere sindacato in sede di legittimità, al pari di tutti i provvedimenti istruttori assunti dal giudice ai sensi dell'art. 356 c.p.c., salvo che le ragioni di tale mancato esercizio siano giustificate in modo palesemente incongruo o contraddittorio (Sez. 3, n. 1754 dell'8 febbraio 2012; Sez. 3, n. 9322 del 20 aprile 2010).
In altri termini, la scelta di rimettere il processo alla fase istruttoria costituisce decisione di mera opportunità (Sez. 6-1, n. 11870 del 27 maggio 2014). La retrocessione a tale fase riporta il giudizio al momento antecedente la precisazione delle conclusioni, nel quale il giudice d'appello ben può esercitare il rilievo d'ufficio.
In punto di diritto, la Suprema Corte ha aggiunto che l'inciso del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 2 ("L'invito deve essere rivolto alle parti prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa") costituisce una norma di disciplina e regolamentazione dello svolgimento dell'udienza e senza dubbio non prevede una nullità processuale.
La ricorrente ha poi eccepito la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 2, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato l'improcedibilità della domanda fin dal primo grado del giudizio e non limitatamente a quella del grado di appello.
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile detta censura rilevando che Il procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. n. 28 del 2010, costituisce condizione di procedibilità per le controversie nelle materie indicate dall'art. 5, comma 1 bis, del medesimo decreto. Nel caso di mancato previo esperimento di tale procedura, pur essendo l'invito del giudice rivolto a tutte le parti del giudizio, è chiaro che la figura processuale interessata ad attivarsi è quella che avrebbe dovuto, in limine litis, provvedervi e che, pertanto, può risentire effetti pregiudizievoli dalla mancata ottemperanza a tale invito. La norma recita infatti: "Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione".
Ed allora è evidente che la carenza della condizione di procedibilità non può che ridondare a carico dell'originaria attrice, senza che possa avere un qualche rilievo la fase processuale, nel corso della quale l'ordinanza è stata comunicata. In altri termini, il giudice di appello si è correttamente sostituito al giudice di pace per colmare una lacuna presente già dal primo grado. La mancata esecuzione del procedimento ha cristallizzato definitivamente l'improcedibilità dell'azione e non dell'impugnazione.
La suprema Corte di Cassazione, ha concluso, pertanto, con l’enunciazione del seguente principio di diritto:
"Quando la mediazione è disposta dal giudice, ai sensi del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, commi 1 e 1 bis, la mancata ottemperanza a tale invito determina l'improcedibilità della domanda ab initio svolta e non dell'eventuale impugnazione, giacché incide definitivamente sull'azione originaria e non sulla fase processuale".
Cassazione civile sez. II - 27/07/2023, n. 22805

CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE ORDINANZA
 
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18429/2022 R.G. proposto da:
S., elettivamente domiciliata in ----, presso lo studio dell’avvocato M.
-ricorrente-
contro - SPA - intimati avverso SENTENZA TRIBUNALE CATANZARO n. 22/2022 depositata il 11/01/2022.
Corte di Cassazione Presidente: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI
Relatore: MOCCI MAURO
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/07/2023 dal Consigliere dr. MAURO MOCCI.
FATTI DI CAUSA
Il Giudice di Pace di Catanzaro accolse la domanda di S., volta ad ottenere il pagamento dell’importo di € 5.000,00 nei confronti di B--- s.p.a., nell’ambito di un contratto di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, ed in contraddittorio anche con A., già datore di lavoro dell’attrice. A seguito di rituale impugnazione di ---- s.p.a, il Tribunale di Catanzaro accolse il gravame, con sentenza n. 22 depositata l’11 gennaio 2022. Il giudice di secondo grado rilevò come l’intermediario finanziario avesse tempestivamente sollevato l’eccezione di improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatorio ed avesse riproposto l’eccezione nell’atto di appello, non essendosi il giudice di prime cure pronunziato sul punto. Una volta onerata la parte più diligente dell’avvio della procedura di mediazione, il relativo procedimento non era stato avviato da nessuna parte e pertanto la domanda proposta dalla S. in primo grado doveva essere dichiarata improcedibile. Contro la predetta sentenza ricorre per cassazione S., sulla scorta di due motivi. Sono rimaste intimate ---- s.p.a. e A. s.p.a.
RAGIONI DI DIRITTO
1) Attraverso la prima censura, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare dell’art. 5, comma 2, del D. Lgs. 28/2010 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., poiché il Tribunale dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni e dopo aver trattenuto la causa in decisione, aveva rimesso la stessa sul ruolo disponendo la mediazione. Afferma che la mediazione non avrebbe potuto essere avviata in fase di decisione, in quanto la fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni esaurirebbe, una volta per tutte, il potere di avviare le parti in mediazione e l’articolo 5, comma 2 del decreto legislativo 28/2010, autorizzerebbe tale lettura restrittiva. 2) Con il secondo mezzo, la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare dell’art. 5 comma 2 del D. Lgs 28/2010 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., perché il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato l’improcedibilità della domanda fin dal primo grado del giudizio e non limitatamente a quella del grado di appello. La S. sostiene, per un verso, che la mancata attivazione della mediazione disposta dal giudice sarebbe una “forma qualificata di inattività delle parti, per avere le stesse omesso di dare esecuzione all’ordine del giudice”. Per altro verso, fa rilevare che sarebbe a carico all’appellante l’onere di proporre e coltivare ritualmente il procedimento di gravame, ponendo in essere tutti gli atti di impulso e gli incombenti necessari. 3) Il primo motivo è inammissibile. 3.a) Come è noto, in tema di mediazione obbligatoria ex art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda, ma l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza; ove ciò non avvenga, il giudice d'appello può disporre la mediazione, ma non vi è obbligato, neanche nelle materie indicate dallo stesso art. 5, comma 1-bis, atteso che in grado d'appello l'esperimento della mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda solo quando è disposta discrezionalmente dal giudice, ai sensi dell'art. 5, comma 2 (Sez. 3, n. 25155 del 10 novembre 2020). 3.b) Nel caso di specie, il Tribunale – dopo la precisazione delle conclusioni, nelle quali (come si desume dalla lettura della parte narrativa della sentenza impugnata) l’appellante aveva dedotto la mancanza del previo tentativo di mediazione – ha rimesso il processo in istruttoria, per far appunto svolgere tale incombente. Il provvedimento con il quale il giudice di appello abbia impartito disposizioni funzionali alla prosecuzione del processo conserva il suo carattere ordinatorio sotto il profilo tanto formale quanto sostanziale. Conseguentemente, non può essere sindacato in sede di legittimità, al pari di tutti i provvedimenti istruttori assunti dal giudice ai sensi dell'art. 356 cod. proc. civ., salvo che le ragioni di tale mancato esercizio siano giustificate in modo palesemente incongruo o contraddittorio (Sez. 3, n. 1754 dell’8 febbraio 2012; Sez. 3, n. 9322 del 20 aprile 2010). 3.c) In altri termini, la scelta di rimettere il processo alla fase istruttoria costituisce decisione di mera opportunità (Sez. 6-1, n. 11870 del 27 maggio 2014). La retrocessione a tale fase riporta il giudizio al momento antecedente la precisazione delle conclusioni, nel quale il giudice d’appello ben può esercitare il rilievo d’ufficio. 3.d) In punto di diritto, occorre aggiungere che l’inciso dell’art. 5 comma 2 D. Lgs n.28/2010 (“L'invito deve essere rivolto alle parti prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa”) costituisce una norma di disciplina e regolamentazione dello svolgimento dell’udienza e senza dubbio non prevede una nullità processuale. In ogni caso, giova ricordare che, in tema di ricorso per cassazione è inammissibile, per difetto di interesse, il motivo con cui si censuri una violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, priva di qualsivoglia influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, essendo diretto in definitiva all'emanazione di una pronuncia senza alcun rilievo pratico (Sez. 6- 1, n. 12678 del 25 giugno 2020; Sez. 1, n. 20689 del 13 ottobre 2016). 3.e) Tale pregiudizio sarebbe infatti inesistente, giacché, essendo stata l’eccezione .----- s.p.a. del tutto tempestiva e riproposta come mezzo d’impugnazione in appello, il Tribunale avrebbe in ogni caso dovuto accogliere il gravame e dichiarare l’improcedibilità della domanda della S.. 4) Il secondo motivo è inammissibile. 4.a) Il procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal d.lgs. n. 28 del 2010 costituisce condizione di procedibilità per le controversie nelle materie indicate dall'art. 5, comma 1 bis, del medesimo decreto (Sez. 3, n. 8473 del 27 marzo 2019). Sono previste all’uopo una serie di formalità, fra cui la necessaria comparizione personale delle parti, assistite dal difensore, pur potendo le stesse farsi sostituire da un loro rappresentante sostanziale, dotato di apposita procura. 4.b) Nel caso di mancato previo esperimento di tale procedura, pur essendo l’invito del giudice rivolto a tutte le parti del giudizio, è chiaro che la figura processuale interessata ad attivarsi è quella che avrebbe dovuto, in limine litis, provvedervi e che, pertanto, può risentire effetti pregiudizievoli dalla mancata ottemperanza a tale invito. La norma recita infatti: ”Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione”. Corte di Cassazione. Ed allora è evidente che la carenza della condizione di procedibilità non può che ridondare a carico dell’originaria attrice, senza che possa avere un qualche rilievo la fase processuale, nel corso della quale l’ordinanza è stata comunicata. In altri termini, il giudice di appello – come gli consentiva la legge – si è sostituito al giudice di pace per colmare una lacuna presente già dal primo grado. La mancata esecuzione del procedimento ha cristallizzato definitivamente l’improcedibilità dell’azione e non dell’impugnazione. Questa conclusione è del resto in linea con la ratio della decisione assunta dalle Sezioni unite di questa Suprema Corte, secondo cui, una volta instaurato il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del provvedimento monitorio, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è comunque a carico della parte opposta, benché il giudizio sia stato promosso dall’opponente (Sez. U., n. 19596 del 18 settembre 2020; Sez. 3, n. 159 dell’8 gennaio 2021). E’ infatti l’opposta – nell’ipotesi de qua l’appellata – la parte che ab origine aveva intrapreso l’azione e dunque era onerata della dimostrazione della condizione di procedibilità. Può dunque essere enunciato il seguente principio di diritto: “Quando la mediazione è disposta dal giudice, ai sensi dell’art. 5 comma 1° e 1° bis D. Lgs. n.28/2010, la mancata ottemperanza a tale invito determina l’improcedibilità della domanda ab initio svolta e non dell’eventuale impugnazione, giacché incide definitivamente sull’azione originaria e non sulla fase processuale”. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non segue la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, in mancanza di attività difensiva delle controparti. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto che ricorrono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
 
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione civile, dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 07/07/2023
     
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