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DALLA GIUSTIZIA ALTERNATIVA ALLA GIUSTIZIA
COMPLEMENTARE
Un altro passo verso la Giustizia “senza aggettivi”
| Nota
Osservatorio |
Costanza Acciai |
Il pensiero transumanista, oggi
ampiamente discusso e noto, affonda le sue radici nella
cosiddetta “singolarità tecnologica”, concetto elaborato dal
matematico Vernor Vinge e descritto nel suo saggio
"Technological Singularity” del 1993 in cui si afferma
che “entro 30 anni avremo i mezzi tecnologici per creare
un’intelligenza sovrumana. Poco dopo l’era degli esseri
umani finirà".
Per singolarità tecnologica si intende il momento in cui il
progresso tecnologico riuscirà a superare la capacità di
comprensione e previsione degli esseri umani. La data di
questo “sorpasso”, secondo alcuni futurologi si realizzerà
nel 2045, quando la capacità di calcolo dei computer
supererà quella dei cervelli umani. Si colloca in questo
fatidico momento la fine della supremazia umana.
Forse siamo ancora lontani da una previsione così
catastrofica, ma un fatto è certo: siamo tutti un po’ cyborg
e la Giustizia non è poi così lontana dal metaverso.
La Commissione europea per l’efficacia della giustizia
(CEPEJ), sempre più attiva dal 2016 in poi, ha adottato uno
studio di fattibilità sulla possibile attuazione di un
meccanismo di certificazione degli strumenti e dei servizi
di intelligenza artificiale nell’ambito della giurisdizione
.
Lo studio si basa sulla Carta della CEPEJ relativa
all’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi
giudiziari e negli ambiti connessi, adottata a dicembre
2018. Dopo consultazioni con tutti gli Stati membri e
osservatori, lo studio di fattibilità dovrà essere seguito
da un piano d’azione che la CEPEJ che avrebbe dovuto
sottoporre all’esame del Comitato dei Ministri nel 2021,
esame poi slittato al 2022 con ripresa e inserimento, nella
39’ riunione plenaria della commissione tenutasi il 6 e 7
dicembre 2022, di alcune interessanti notazioni1.
La CEPEJ ha inoltre adottato la tabella di marcia del suo
Gruppo di lavoro sulla cybergiustizia e sull’intelligenza
artificiale. Il lavoro svolto nel campo della
digitalizzazione della giustizia mira a fornire ai tribunali
europei nuovi strumenti concreti in quest’area, che sono
diventati ancora più necessari nel periodo di emergenza
sanitaria e chiusura dei tribunali.
Dopo l’iniziale entusiasmo che ha caratterizzato la fase di
avvio dei sistemi telematici per il processo, tuttavia,
molti richiami alla prudenza, nel segno del rispetto dei
principi fondamentali della Convenzione europea dei diritti
dell’uomo e in particolare quelli del suo articolo 6 si sono
levati da più parti.
E’ comunque noto come ormai nel nostro paese, così come nel
resto d’Europa, si parli di Giustizia predittiva e che
avvocati robot si apprestino, se pur a titolo sperimentale,
a fare il loro ingresso nelle nostre realtà.
Non si tratta ormai, come molti anni orsono aveva intuito
Vittorio Frosini2 e come alcuni anni dopo aveva
chiosato Maurizio Lupoi3, di informatica del
diritto ma di vera e propria cybergiustizia.
Nella sua opera Frosini riprende la definizione di diritto
di Norbert Wiener4: “i problemi giuridici
sono per loro natura problemi di comunicazione e di
cibernetica, e cioè sono problemi relativi al regolato e
ripetibile governo di certe situazioni critiche”.
E che la soluzione di una situazione critica potesse
rinvenirsi in un modello matematico è idea che si rinviene
già in Leibniz. Nel 1666, da parte da parte di Leibniz si
evidenziava la possibilità di utilizzare modelli di
giustizia predittiva basati sull’utilizzo di modelli
matematici. Secondo il filosofo5, nel futuro, non
sarebbe stato necessario un processo per risolvere una
disputa, ma si sarebbe potuto direttamente procedere ad un
calcolo. Già nel XVII secolo dunque, egli immaginava una
calcolabilità delle controversie tramite modelli matematici6;
ciò avrebbe determinato una maggiore prevedibilità delle
possibili soluzioni.
Due secoli dopo Max Weber sosterrà che la certezza del
diritto altro non è se non la prevedibilità dell’esito
giudiziale; secondo il pensiero del padre della sociologia,
l’economia moderna può crescere tramite contratti, ma questi
esigono un funzionamento del diritto calcolabile secondo
regole razionali: la razionalità formale passa dalla
calcolabilità completa dell’ordinamento giuridico7.
Dobbiamo quindi prepararci ad affidare le nostre
controversie civili e commerciali ad un calcolatore che
applichi in modo anodino e impersonale un summum jus
immobile ed indifferente a tutto ciò che muove un conflitto
fra parti? Dobbiamo forse assistere impotenti al tramonto
del diritto vivente?
Indubbiamente non si deve resistere in maniera aprioristica,
acritica ed anacronistica ad ogni forma di progresso che
possa giovare alla speditezza dei processi civili e che
agevoli l’eliminazione di ben note disparità di giudizio fra
Corti Territoriali e, a volte, fra Sezioni delle medesime
Corti. Certo, tuttavia non si deve abdicare totalmente alla
componente umana ed emotiva che connota ogni controversia.
Tutto ciò senza contare che, all’interno del sistema
giuridico, agiscono comunque concetti e principi di natura
soggettiva difficilmente predeterminabili, come, per
limitarci al diritto civile, l’intenzione delle parti
contraenti ex art. 1362 c.c., oppure clausole “valoriali”8
generali come la buona fede ex art. 1375 c.c. oppure,
ancora, la meritevolezza dell’interesse della parte
contraente ex art. 1322, co. 2, c.c.
Si tratta di concetti, valori e principi difficilmente
affidabili a formule matematiche che prescindano dal
“prudente apprezzamento” del giudice in relazione al caso
concreto e che si dubita possano essere risolti attraverso
algoritmi.
Rimane, certamente, il rischio che le controversie, come
sulla scena di Antigone, si muovano sempre di più
tra e
con la
disumanizzazione della giurisdizione che il prevalere del
secondo concetto, inevitabilmente. comporta.
E’ dunque da una riflessione profonda sul concetto di
“giustizia” che deve muovere l’analisi di un fenomeno che
inevitabilmente avrà importanti ricadute sul tessuto
sociale, su rapporti economici, commerciali ed
interpersonali.
Si accompagna sempre più frequentemente la parola
“Giustizia” con aggettivazioni che tendono a connotarne le
caratteristiche, l’ambito operativo, i momenti di esercizio,
l’incidenza su particolari situazioni e l’efficacia; il sito
inspirassion.com9 individua ben 358 aggettivi che
possono accompagnare il sostantivo.
L’interrogativo fondamentale è però quello che investe
l’essenza stessa del concetto: può esistere una Giustizia
senza aggettivi?
E’ molto difficile rispondere e si deve sin da subito dire
che un esame storico filosofico del pensiero conduce alla
conclusione che non possa esistere un “universale assoluto”
di Giustizia; tuttavia la ricerca di un concetto condiviso,
che risponda alle diverse prospettive di chi lo ricerca non
può che apportare beneficio all’intero “sistema” che intorno
ad esso gravita.
Così come efficacemente suggerito dall’allora Presidente
della Corte Costituzionale M. Cartabia nella lectio
magistralis di inaugurazione dell’anno accademico 2020-2021
RomaTre10 è il pensiero classico greco a guidare
l’analisi e non per un conservatorismo culturale che mal
sembra adattarsi alle esigenze del mondo attuale, quanto,
piuttosto per la necessità che “«nella natura umana e
nelle umane società ci sia un sostrato immutabile», che
legittima anche noi, donne e uomini del XXI secolo, a «porre
agli antichi le domande che appaiono più pertinenti a noi
moderni».”11
Per gli antichi Greci la giustizia consiste nella conformità
a un ordine naturale voluto dagli dei, in virtù del quale
ogni cosa ‒ dagli astri nel cielo agli organi nel corpo
umano, dall'individuo nella famiglia al cittadino nello
Stato ‒ occupa un posto determinato e svolge una specifica
funzione. Esiste dunque un ordine naturale delle cose, una
“legge” che assegna a ogni elemento il suo ruolo: e la
giustizia consiste nell'adeguarsi a quell'ordine naturale, a
quella legge. Secondo una simile visione Giustizia, legge e
natura coincidono, o dovrebbero tendenzialmente coincidere.
Sin dai poemi omerici emerge una fede indiscussa nella
giustizia come fondamento di ogni più alta forma della vita
umana. Nel pensiero di Omero, infatti, “dike” era
la linea di demarcazione tra la barbarie e la civiltà.
Secondo Esiodo (VII sec a.C) Giustizia, fanciulla figlia di
Zeus, quando qualcuno la offende, va a sedersi accanto al
padre e denuncia ad alta voce la mente malvagia degli uomini
affinché “il popolo paghi le scelleratezze dei re, che
hanno pensieri portatori di dolore e torcono i loro giudizi
dal retto percorso con parole tortuose. Tenete presente
questo, o re, e raddrizzate i vostri discorsi, voi
mangiatori di doni! Mettete da parte una volta per tutte gli
storti giudizi” chiarendo che una cosa è
l’amministrazione della legge degli uomini, altra è la
giustizia.12
Due secoli più tardi, La tragedia che chiude l’Orestea,
marca distintamente il confine tra giustizia vendicativa e
giustizia condivisa:
Senza freno di leggi non lodare la vita, né senza
libertà. Sempre il giusto mezzo prevalga. Questo volle il
dio, che i casi diversi diversamente sorveglia e dirige. E
sia qui ripetuto il detto: «Di Empietà verissima figlia è
Tracotanza». Da equilibrio di mente nasce felicità a tutti
cara, da tutti desiderata. (Eschilo Eumenidi strofe
III).
Ma se la Giustizia è espressione dell’armonia divina, la sua
interpretazione terrena non può che risentire dei limiti
propri dell’uomo, frammentandosi in molte “giustizie” dalle
funzioni e dalle caratteristiche diverse.
Tutte queste “giustizie” tendono comunque, per una o per
altra via, a mantenere quell’armonia che gli uomini sono
capaci di guastare con la corruzione, il sopruso, il
conflitto; ma guai se ciascuna di esse procedesse per la sua
strada ignorando le altre: quel “giusto mezzo” invocato dal
coro delle Eumenidi non si troverebbe mai.
La più efficace sintesi di quest’idea si rinviene, a mio
avviso, in un’opera pittorica che si può ammirare a Padova,
nella celebre Cappella degli Scrovegni. Nel 1306 Giotto di
Bondone raffigurò, tra l’altro, in quella che è considerata
una delle sue opere principali, le sette virtù teologali.
Fra queste la sola Giustizia siede su un trono, disarmata
della spada tranchante, con gli occhi ben aperti,
priva quindi della benda che la acceca nell’iconografia
tradizionale ed è rappresentata come una donna dalle linee
morbide, col volto serenamente sorridente che reca una
bilancia in perfetto equilibrio sui due piatti della
bilancia due figure rappresentano la giustizia distributiva
e la giustizia commutativa. Non solo la Giustizia non è
bendata, ma col suo quieto sorridere mostra di vederci bene.
D’altronde per garantire la “giustizia nel caso concreto”,
applicando quell’aequitas (cardine della giustizia
civile nel medioevo) in grado anche di derogare alla
dura lex pur di garantire la vittoria processuale del
“giusto”, ella non può fare altro che guardare attentamente
i due contendenti e scegliere ponderatamente, così da
salvaguardare, sotto la sua egida, lo sviluppo di una
comunità ben ordinata e prospera, come mostra il fregio
sottostante alla sua figura.
Ritengo che questo sia il segnale positivo che la recente
riforma Cartabia ha marcato con la maggiore
processualizzazione della mediazione civile e commerciale,
non più vista nell’ottica di una pur necessaria deflazione
del contenzioso, bensì trasportata sul piano degli strumenti
processuali per la definizione della controversia anzi per
la migliore delle definizioni possibili.
Così come le parti del caso concreto, con i loro interessi,
le loro aspirazioni, aspettative e limiti, in una parola
così come le persone sono le reali protagoniste
della controversia, è necessario che il loro potere e la
loro capacità di gestire questi interessi e obiettivi venga
affidata in prima battuta alla loro autonomia, correttamente
inquadrata nell’ambito della legge e coadiuvata nel
reperimento di una soluzione che può anche prescindere dal
limite della stretta applicazione delle norme cui non spetta
l’esclusiva della realizzazione della Giustizia.
Ecco perché è nell’idea di complementarietà piuttosto che di
alternatività fra le varie forme di giustizia che umanità e
legge, cooperazione e applicazione delle norme,
coesistenzialità e rispetto dei diritti riusciranno a
comporre quell’armonia cui ogni sistema giustizia deve
aspirare. |
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1Si vedano il
punto 2 ed il punto 4 del verbale di adunanza: “Artificial
intelligence took note of the progress in
the implementation of the “Revised Roadmap for ensuring an
appropriate follow-up of the CEPEJ Ethical Charter on the
use of artificial intelligence in judicial systems and their
environment”1 and, in particular, of the first assignments
of the Advisory Bureau on Artificial Intelligence (AIAB), of
its composition, and of the launch of the Resource Centre on
Cyberjustice and Artificial Intelligence. 4.
Cyberjustice tooknote of the ongoing work in the
CEPEJ-GT-CYBERJUSTon the revision of the ICTindex, developed
in the framework of the evaluation process of judicial
systems and implemented under the authority of the Working
Group on Evaluation (CEPEJ-GT-EVAL), judicial electronic
auctions, public case law databases, and online alternative
dispute resolution; took note of the activities of the
European Cyberjustice Network, invited the Member States to
make the best use of it, and encouraged those who have not
yet designated members of the network to do so before the
3rd annual meeting to be held on 23 November 2023.
2Ci si riferisce qui al saggio originale del 1968
Cibernetica diritto e società poi integrato nella
sua edizione definitiva nel 1973 (Milano).
3Maurizio Lupoi (Giuscibernetica, informatica
giuridica. Problemi per il giurista, estro da
Quaderni del Foro Italiano, Roma, Società editrice del
«Foro Italiano », 1970, pp. 79
4in “Introduzione alla cibernetica”
(1950)
5Leibniz, G.W., Dissertatio de Arte
combinatoria, (1666)
6secondo John W. Cain, Mathematical Models in
the Sciences, in Molecular Life Sciences un
modello matematico è la “rappresentazione quantitativa di un
fenomeno naturale”, intesa a verificarne la prevedibilità.
7Weber, M., Die Wirtschaft und die
gesellschaftlichen Ordnungen, Tübingen, 2001, 40; v.
anche Economia e società, II, Milano, 1974, 17
8Viola, L., Interpretazione della legge con
modelli matematici,
9https://inspirassion.com/it/adj/giustizia
10M. Cartabia Una parola di giustizia.Le Eumenidi
dalla maledizione al logos Roma 2020
11Ibidem con cit. di M.Bloch in
virgolettato.
12Esiodo, Le Opere e i Giorni 260-264 |
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