|
L’onere gravante sul soggetto tenuto ad
attivare il tentativo di mediazione deve
necessariamente sempre ricomprendere anche quello di
partecipare al relativo procedimento |
Sezione Giurisprudenza |
> Vai alla Giurisprudenza
completa |
a
cura di Giovanna Crocè
Secondo il Tribunale di Firenze, esperire il
procedimento di mediazione non significa soltanto avviarlo,
ma compiere tutto quanto necessario perché lo stesso
raggiunga il suo esito fisiologico che deve necessariamente
coincidere almeno con il primo incontro di mediazione alla
presenza del mediatore.
Dovrà pertanto essere sanzionata con l’improcedibilità la
condotta della parte onerata che a prescindere
dall’attivazione del procedimento , non lo coltivi e non
compaia al primo incontro.
Il Tribunale di Firenze ha richiamato il disposto del citato
art. 5, comma 2-bis D. Lgs. n. 28/10, così come introdotto
dal DL n. 69/13 conv. in L. n. 98/13, a tenore del quale la
condizione di procedibilità della domanda giudiziale “si
considera avverata se il primo incontro avanti al mediatore
si conclude senza l'accordo”. Tale norma è interpretata nel
senso per cui la condizione di procedibilità si considera
avverata, anzitutto, laddove si sia svolto un “primo
incontro”, ossia laddove tutte le parti si siano incontrate
alla presenza del mediatore e con l'assistenza dei
rispettivi avvocati. Del resto, se, come evincibile a
contrario dalla lettura della disposizione citata, al primo
incontro le parti possono raggiungere l'accordo, è evidente
che le stesse devono, anzitutto, partecipare a tale evento;
per contro, secondo il Giudice di merito, è ovvio che la
mancata partecipazione di una delle parti in assenza di
giustificato motivo impedirà la celebrazione del primo
incontro e, dunque, precluderà a priori non soltanto la
creazione di una chance di raggiungimento del risultato
conciliativo (ossia il risultato che la legge intende
conseguire con la previsione dell'istituto della
mediazione), ma altresì l'avveramento della condizione di
procedibilità della domanda giudiziale.
Lo stesso Tribunale, in fine, opera una fondamentale
distinzione a seconda che la celebrazione del primo incontro
sia stata impedita dalla mancata partecipazione della parte
onerata all’avvio o della parte non onerata:
- da un lato, infatti, l'onere gravante sul soggetto tenuto
ad attivare il tentativo di mediazione deve necessariamente
sempre ricomprendere anche quello di partecipare al relativo
procedimento. Ciò in quanto, “esperire una procedura” non
equivale ad avviarla, bensì a compiere tutto quanto
necessario perché la stessa raggiunga il suo esito
fisiologico, che nel caso della mediazione coincide,
quantomeno, con il primo incontro avanti al mediatore e, se
anche l'altra parte compare, con l'avvio dell'effettiva
attività di mediazione, e tanto vale sia laddove la parte
onerata abbia anche promosso il procedimento, sia laddove,
nell'inerzia dell'onerata, la parte non onerata abbia
provveduto all'attivazione sua sponte, essendo, in ogni
caso, la procedibilità della causa condizionata ex lege non
alla mera attivazione della procedura mediante il deposito
della domanda presso l'organismo, ma al già citato
esperimento del “primo incontro davanti al mediatore”:
donde, valorizzando il disposto di cui all'art. 5, dovrà
essere sanzionato con l'improcedibilità il comportamento
della parte onerata ex lege che, a prescindere
dall'attivazione o meno del procedimento, non lo coltiva e
non compare al primo incontro avanti al mediatore, dacché,
diversamente opinando, si consentirebbe alla parte onerata
di assolvere alla condizione, e di assicurare, dunque, la
procedibilità della propria domanda, semplicemente mediante
il compimento dell'incombente di natura meramente
burocratica di attivazione del procedimento e non mediante
“l'esperimento” del tentativo di mediazione richiesto dalla
legge;
- dall'altro lato, invece, il Tribunale di Firenze esclude
che la mancata partecipazione alla mediazione della parte
non onerata possa sortire alcun effetto in punto di
procedibilità della domanda attorea, non potendosi,
logicamente, consegnare all'arbitrio della parte per
definizione contro-interessata alla prosecuzione del
giudizio le sorti della procedibilità della causa, imponendo
alla parte onerata diligente di subire, suo malgrado, un
pregiudizio per la mancata collaborazione della controparte. |
Tribunale di Firenze 10 gennaio
2022 n. 30 |
|
TRIBUNALE DI FIRENZE
sentenza 10 GENNAIO 2022 |
|
omissis |
Sempre in punto di rito, premessa
l'adesione al consolidato orientamento del S.C. per cui “In
tema di contraddittorio, le questioni di esclusiva rilevanza
processuale, siccome inidonee a modificare il quadro
fattuale ed a determinare nuovi sviluppi della lite non
presi in considerazione dalle parti, non rientrano tra
quelle che, ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.c. (nel
testo introdotto dall'art. 45, comma 13, della l. n. 69 del
2009), se rilevate d'ufficio, vanno sottoposte alle parti,
le quali, per altro verso, devono avere autonoma
consapevolezza degli incombenti cui la norma di rito
subordina l'esercizio delle domande giudiziali” (Cass. ord.
n. 6218/19), e preso atto della mancata partecipazione
dell'attrice al primo incontro, così come a tutti i
successivi incontri in cui si è svolto il procedimento di
mediazione delegata ai sensi dell'art. 5, comma 2 D. Lgs. n.
28/10 e s.m.i., attivato da parte convenuta, rileva questo
giudice l'improcedibilità dell'azione spiegata in giudizio
dalla sig.ra --- per omessa assoluzione della condizione di
procedibilità costituita dall'espletamento del tentativo di
mediazione delegata. |
|
Com'è noto, invero, ai sensi del
comma 2 dell'art. 5 D. Lgs. n. 28/10, “il giudice, anche in
sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa,
lo stato dell'istruzione ed il comportamento delle parti,
può disporre l'esperimento del procedimento di mediazione;
in tal caso l'esperimento del procedimento di mediazione è
condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche
in sede di appello”. La normativa de qua, del resto, deve
ritenersi ratione temporis operante nel giudizio in questa
sede pendente - da ritenersi instaurato in data 16/04/13,
con il decorso del ventesimo giorno dall'espletamento degli
incombenti di cui all'art. 143 c.p.c., avvenuto in data
27/03/13, come evincibile dal verbale di avvenuto deposito
presso la Casa comunale redatto dall'UG nella relata in
calce alla citazione. Se è da un lato vero, infatti, che la
pronuncia della Corte Cost. 06/12/12 n. 272 ha comportato
l'inapplicabilità in via retroattiva della normativa sulla
mediazione vigente al momento dell'instaurazione del
giudizio, è d'altro canto da osservarsi come l'art. 84 del
DL. n. 69/13, conv. in L. n. 98/13, introduttivo
dell'attuale disposto dell'art. 5, comma 2 D. Lgs. n. 28/10,
debba ritenersi applicabile, ratione temporis, ai
procedimenti già pendenti alla data della sua entrata in
vigore (21/09/13), in ossequio al principio tempus regit
actum, in forza del quale lo ius superveniens in
materia processuale è immediatamente applicabile ai processi
in corso: ciò in quanto detto principio generale deve
ritenersi applicabile, in assenza di diversa espressa
regolamentazione normativa del regime intertemporale, al
cospetto di norme di natura processuale, quale la
disposizione di specie, introduttiva di una condizione di
procedibilità (Cass. ord. n. 30319/17; n. 22627/17; n.
15563/06; e ancora, nel senso del riconoscimento della
legittima applicabilità, alle norme di procedura, del
principio tempus regit actum, ritenuto non
contrastante con l'art. 6 CEDU, cfr. Corte ED., Mo.
c.Italia, 27/04/10). |
Del resto, la giurisprudenza di
merito pressoché unanime converge nel fornire una lettura
del disposto di cui all'art. 84, comma 2 DL n. 69/13, conv.
in L. n. 98/13 (a tenore del quale “le disposizioni di cui
al comma 1 - comprensive delle modifiche che hanno portato i
commi 1-bis e 2 dell'art. 5 D.Lgs. n. 28/10 alla loro
attuale configurazione - si applicano decorsi trenta giorni
dall'entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto”, ossia dalla data del 21/09/13), alla luce
del citato principio generale processuale, nel senso di
ritenere applicabile ed operativa la condizione di
procedibilità nei procedimenti già pendenti il trentesimo
giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge
di conversione, ferma restando la necessaria posteriorità,
rispetto a tale data, dell'emissione dell'ordine giudiziale
di invio in mediazione: si vedano, ex multis, Corte
Appello Firenze, 17/11/16, n. 34 (“In base al principio
tempus regit actum, la disposizione citata è applicabile ai
procedimenti in corso (già pendenti) a partire dal 21
settembre 2013 - (art. 84 D.L. n. 69/2013)”); Tribunale di
Roma, 24/10/14, Tribunale di Firenze, ord. 19/03/13 e ord.
14/11/13; Tribunale di Milano 29/10/13; Tribunale di Palermo
16/07/14; Tribunale di Verona, 27/11/14. Né, peraltro, può
ritenersi espressivo di un contrario indirizzo ermeneutico
il precedente di Cass. ord. n. 9557/17, pronunciatasi, in
forma di obiter dictum, in relazione alla
differente questione dell'operatività ratione temporis
del disposto di cui all'art. 5, comma 1-bis D.lgs. n. 28/10,
nel senso dell'inapplicabilità della nuova disposizione ai
giudizi intrapresi prima del decorso dei trenta giorni dalla
data dell'entrata in vigore della modifica legislativa:
ponendo, infatti, il comma in questione, a differenza del
comma 2 relativo alla mediazione delegata, una condizione di
procedibilità da esperirsi necessariamente ante causam
e il cui mancato esperimento non è rilevabile oltre la prima
udienza di comparizione, è inevitabile che l'operatività di
siffatta condizione debba valere unicamente per le cause
ancora da instaurare alla data di entrata in vigore della
relativa norma introduttiva. |
|
Orbene, nell'ipotesi di specie,
anteriormente alla fissazione dell'udienza di precisazione
delle conclusioni, il giudice precedente assegnatario del
fascicolo, prima di dichiarare la chiusura dell'istruttoria,
con ordinanza riservata del 31/10/17, nell'esercizio del
potere concessogli, ha disposto ordine di attivazione del
procedimento di mediazione, con concessione di apposito
termine per l'espletamento dell'incombente, condizionando,
così, l'esaminabilità nel merito della domanda
all'adempimento delle parti rispetto al dictum giudiziale;
sennonché, come rimasto incontestato tra le parti e comunque
risultante dalla lettura del verbale di mediazione, mentre
la sig.ra --- ha partecipato, mediante difensore delegato,
al procedimento attivato tempestivamente dal convenuto,
resosi parte diligente pur non essendo a ciò onerato ex
lege, in nessuno degli incontri in cui si è svolto il
procedimento risulta la presenza della sig.ra ---,
coincidente con la parte espressamente onerata dalla legge
dell'esperimento del tentativo di mediazione, avendo l'avv.
---, all'epoca della mediazione, ricevuto mandato difensivo
dalla sola sig.ra --- e non anche dalla sig.ra ---. |
|
Ciò posto, occorre quindi appurare
se possa ritenersi assolta la condizione di procedibilità
nell'ipotesi di specie - differente da quella della mancata
partecipazione personale della parte al primo incontro e
della partecipazione, in sua vece, del difensore o di
soggetto delegato (attesa l'assenza di prova del
conferimento di delega da parte della sig.ra --- al già
difensore della sig.ra ---, così come ad altro soggetto),
così come da quella in cui la parte onerata, presente al
primo incontro, a seguito dell'attività informativa del
mediatore, abbia espressamente dichiarato di non intendere
procedere con la mediazione. |
|
In proposito, occorre anzitutto
rammentare il disposto del citato art. 5, comma 2-bis D.
Lgs. n. 28/10, così come introdotto dal DL n. 69/13 conv. in
L. n. 98/13, a tenore del quale la condizione di
procedibilità della domanda giudiziale “si considera
avverata se il primo incontro avanti al mediatore si
conclude senza l'accordo”: norma da leggersi, a parere di
questo giudice, nel senso per cui la condizione di
procedibilità si considera avverata, anzitutto, laddove si
sia svolto un “primo incontro”, ossia laddove le parti – per
tali intendendo tutti i soggetti in causa nel giudizio a
quo, in ipotesi di mediazione delegata, o nel giudizio da
instaurarsi, in ipotesi di mediazione ante causam -
si siano incontrate alla presenza del mediatore e con
l'assistenza dei rispettivi avvocati. Del resto, se, come
evincibile a contrario dalla lettura della disposizione
citata, al primo incontro le parti possono raggiungere
l'accordo, è evidente che le stesse devono, anzitutto,
partecipare a tale evento; per contro, è ovvio che la
mancata partecipazione di una delle parti in assenza di
giustificato motivo impedirà la celebrazione del primo
incontro e, dunque, precluderà a priori non soltanto la
creazione di una chance di raggiungimento del risultato
conciliativo (ossia il risultato che la legge intende
conseguire con la previsione dell'istituto della
mediazione), ma altresì l'avveramento della condizione di
procedibilità della domanda giudiziale.
Peraltro, detta disposizione necessita di essere coordinata
con il disposto dell'art. 8, comma 4-bis del D.Lgs. cit.
(“dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al
procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti
di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'art. 116, II
co., c.p.c.. Il giudice condanna la parte costituita che,
nei casi previsti dall'art. 5, non ha partecipato al
procedimento senza giustificato motivo, al versamento
all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo
corrispondente al contributo unificato dovuto per il
giudizio”), il quale, ad una prima lettura, parrebbe
escludere che alla mancata partecipazione di una parte al
procedimento possa seguire la sanzione della improcedibilità
e parrebbe, invece, prevedere, quali conseguenze della
mancata ingiustificata partecipazione, unicamente riflessi
sfavorevoli sotto il profilo probatorio, ex art. 116 c.p.c.,
oltre all'applicazione della sanzione pecuniaria. Onde
conciliare le due disposizioni alla luce della summenzionata
ratio della sanzione dell'improcedibilità e della
finalità deflattiva dell'istituto senza dare luogo ad una
interpretatio abrogans di alcuna di esse, occorre,
ad avviso di questo giudice, operare una distinzione a
seconda che la celebrazione del primo incontro sia stata
impedita dalla mancata partecipazione della parte onerata o
di quella della parte non onerata:
- da un lato, infatti, l'onere gravante sul soggetto tenuto
ad attivare il tentativo di mediazione deve necessariamente
sempre ricomprendere anche quello di partecipare al relativo
procedimento (Tribunale Napoli Nord, sentenza 28/06/18): ciò
in quanto, come già in altre occasioni condivisibilmente
rilevato da questo Tribunale, “""esperire una procedura""
non equivale ad avviarla, bensì a compiere tutto quanto
necessario perché la stessa raggiunga il suo esito
fisiologico, che nel caso della mediazione coincide,
quantomeno, con il primo incontro avanti al mediatore e, se
anche l'altra parte compare, con l'avvio dell'effettiva
attività mediatoria” (Tribunale di Firenze, sentenza
21/04/15), e tanto vale sia laddove la parte onerata abbia
anche promosso il procedimento, sia laddove, nell'inerzia
dell'onerata, la parte non onerata abbia provveduto
all'attivazione sua sponte, essendo, in ogni caso, la
procedibilità della causa condizionata ex lege non
alla mera attivazione della procedura mediante il deposito
della domanda presso l'organismo, ma al già citato
esperimento del “primo incontro davanti al mediatore”:
donde, valorizzando il disposto di cui all'art. 5, dovrà
essere sanzionato con l'improcedibilità il comportamento
della parte onerata ex lege che, a prescindere
dall'attivazione o meno del procedimento, non lo coltiva e
non compare al primo incontro avanti al mediatore, dacché,
diversamente opinando e ritenendo, invece, applicabili, in
tal caso, le sole sanzioni di cui all'art. 8 citato, si
consentirebbe alla parte onerata di assolvere alla
condizione, e di assicurare, dunque, la procedibilità della
propria domanda, semplicemente mediante il compimento
dell'incombente di natura meramente burocratica di
attivazione del procedimento e non mediante “l'esperimento”
del tentativo di mediazione richiesto dalla legge;
- dall'altro lato, invece, occorre escludere che la mancata
partecipazione alla mediazione della parte non onerata possa
sortire alcun effetto in punto di procedibilità della
domanda attorea, non potendosi, logicamente, consegnare
all'arbitrio della parte per definizione contro-interessata
alla prosecuzione del giudizio le sorti della procedibilità
della causa, imponendo alla parte onerata diligente di
subire, suo malgrado, un pregiudizio per la mancata
collaborazione della controparte: donde, il disposto del
citato art. 8 dovrà intendersi come applicabile
esclusivamente nei confronti della parte non onerata ex
lege dell'esperimento della mediazione sotto
comminatoria di improcedibilità.
Peraltro, è appena il caso di osservare come, avendo la
sig.ra --- e la sig.ra --- attivato due autonomi giudizi
avverso il medesimo convenuto, cumulati nel medesimo
giudizio unicamente per ragioni di economia processuale,
entrambe le attrici risultassero onerate alla proposizione
del procedimento obbligatorio di mediazione, non potendo
l'espletamento del tentativo da parte dell'una, siccome
correlato a una separata e differente domanda giudiziale,
valere a ritenere assolta la condizione di procedibilità
anche nei confronti dell'altra: ragion per cui, la mancata
partecipazione della sig.ra --- al procedimento determinerà
l'improcedibilità della sola domanda giudiziale dalla stessa
proposta, ferma invece la procedibilità della domanda
proposta dall'altra attrice.
omissis le spese di lite, come liquidate in dispositivo ai
sensi del DM n. 55/14, con applicazione dei valori minimi
relativi allo scaglione individuato dalla sommatoria delle
domande proposte contro il medesimo convenuto, in
considerazione della non elevata complessità della causa e
della prossimità del relativo valore al minimo dello
scaglione ministeriale applicato, seguono la soccombenza.
Devono, invece, essere posta a carico della sola sig.ra ---,
sempre in ragione della sua soccombenza nella causa di
merito (Cass. n. 12712/19), le spese (intese quali compensi,
sempre in applicazione dei valori minimi) della procedura di
mediazione delegata, essendosi detta procedura svolta
solamente tra questa attrice e il convenuto. |
P.Q.M. |
Il Tribunale di Firenze,
definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza,
deduzione ed eccezione assorbita e/o disattesa: dichiara
inammissibile omissis; rigetta le domande omissis; condanna
omissis in solido, alla rifusione, in favore del sig. Ro.
Ma., delle spese di lite, che liquida in euro 5635 a titolo
di compensi, oltre IVA e CPA come per legge e oltre a spese
generali forfetarie; condanna la sig.ra --- alla rifusione,
in favore omissis, delle spese della procedura di
mediazione, che liquida in euro 2880, oltre IVA e CPA come
per legge e oltre a spese generali forfetarie. |
|