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GIORNATA INTERNAZIONALE PER LA RISOLUZIONE DEI CONFLITTI | Nota Alessandra Callea
In occasione del Conflict Resolution Day Avvenire di Calabria ha dedicato uno spazio ai nostri professionisti
In coincidenza con la Giornata Internazionale per la Risoluzione dei Conflitti (Conflict Resolution Day), il terzo giovedì di ottobre (quest’anno il giorno 19), ricorre anche la Giornata nazionale della Mediazione Familiare. La Mediazione Familiare è uno strumento che favorisce la ricerca di soluzioni condivise ed il raggiungimento di accordi genitoriali, in vista o a seguito di separazione o divorzio. È una procedura alternativa per la risoluzione dei conflitti e, quando si parla di controversie in ambito familiare, soprattutto in presenza di figli, la materia è molto delicata, e rischia di innescare pericolose escalation emotive. Si tratta infatti di contingenze sfavorevoli ad una crescita equilibrata dei minori coinvolti, i quali hanno invece diritto a mantenere comunque rapporti adeguati e continuativi con la mamma e il papà, come anche con l’intera famiglia. Illuminante, per focalizzare l’importanza di questo punto, è la Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori, realizzata dall’Autorità Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza, scaricabile dal sito garanteinfanzia.org.

In famiglia risolvere conflitti e liti per il bene dei figli
I bambini hanno bisogno di protezione dal fuoco incrociato dei conflitti dei genitori e dal mare increspato delle loro rispettive emozioni», così scriveva Emery nel 2008.
Nella giornata nazionale della mediazione è importante ricordare come lo strumento della mediazione familiare possa rispondere a questo bisogno perché in grado di produrre ricadute positive sul processo separativo, certi che la mediazione in generale debba essere considerata uno strumento culturale che possiamo definire di “pacificazione sociale”. Questa qualificazione può essere estesa anche alla mediazione familiare e ne rende testimonianza l’intuizione di un avvocato e terapista familiare americano, Jim Coogler che, grazie all’esperienza personale e professionale si rese conto del potere pacificatore che la mediazione avrebbe potuto avere anche nell’ambito del procedimento separativo. Così propose di estendere la disciplina e la prassi della mediazione, nota negli Stati Uniti già nel 1913 in ambito di diritto del lavoro, anche al divorzio, per garantire la gestione del conflitto che ha generato la crisi familiare, a protezione e tutela dei figli che, inevitabilmente, in seguito alla separazione dei genitori, si trovano a vivere nuove dinamiche. È compito dei genitori, che tali rimarranno per sempre, trovare nuovi equilibri familiari. In Italia, la norma che disciplina l’affidamento dei figli minori in caso di separazione e divorzio, nel richiamare il diritto-dovere del genitore all’esercizio della cosiddetta bigenitorialità, prospetta il regime di affidamento condiviso dei figli minori ad entrambi i genitori. Ne deriva che tutte le decisioni maggiormente significative per la vita dei minori, debbano essere prese da entrambi i genitori. Una prescrizione, questa, di difficile applicazione in situazioni di particolare conflittualità al cui centro del dibattito, sono, nelle quasi totalità dei casi, i figli. Appare complesso, infatti, ipotizzare che in ipotesi di conflittualità particolarmente alta, la coppia genitoriale, che ha perso ogni comunione morale e materiale, tanto da decidere di separarsi, riesca a dialogare serenamente proprio sulla gestione dei compiti educati, relativi ai figli!
Ecco che la mediazione familiare può trovare efficacemente uno spazio proprio perché finalizzata alla riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito ad una separazione o al divorzio che consente alle parti di essere protagonisti responsabili e consapevoli delle scelte future che riguarderanno le nuove dinamiche familiari.
Dunque, al di là dell’equivoco terminologico in cui si rischia di incorrere, va subito chiarito che non si tratta di uno strumento idoneo alla ricostituzione della coppia, ma utile alla definizione di accordi che gli ex coniugi o conviventi, possono trovare per dare nuova connotazione alla nuova dinamica familiare. È uno strumento deflattivo del conflitto non del carico giudiziario, sebbene questa possa esserne una diretta conseguenza. L’aggettivo, infatti va inteso nella sua accezione più intrinseca, ossia come idoneo ad abbassare la conflittualità fisiologicamente esistente al momento della separazione. La mediazione familiare, quindi andrebbe intesa come possibilità di rendere meno traumatico possibile il cambiamento dell’assetto familiare. Lo strumento, però ha tanto insito in sé il potenziale deflattivo quanto più rappresenti una scelta volontaria, non il frutto di una prescrizione o, peggio, di una imposizione normativa. Infatti, conclusasi la vicenda separativa, sia raggiunta in mediazione che attraverso la fase processuale, le parti saranno le uniche a viverne le conseguenze, per sempre. Ma mentre con l’accordo di mediazione potranno essere esse a determinare le modalità delle nuove dinamiche familiari, affidando la decisione al giudice, la soluzione da questi proposta non sarà mai vicina alle esigenze delle parti, quanto sarebbe potuto essere demandano il compito di progettare pacificamente il proprio futuro e quello dei propri figli.


19 Ottobre 2023
     
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